Figlio di puttana non si deve dire

26 Novembre 2010 di Stefano Olivari

Altro che Barcellona-Real Madrid: tre giorni dopo il Superclasico del Camp Nou LeBron James torna per la prima volta da avversario alla Quicken Loans Arena con i suoi balbettanti e anche un po’ strani (l’arma tattica Miller è sempre stata fuori, il collante Haslem lo sarà per un pezzo, Wade sembra che aspetti solo il ritorno in panchina di Pat Riley sulla falsariga di quanto avvenne nel 2005-2006 ai danni di Stan Van Gundy) Miami Heat. Il cui record rimane decente in generale, ma imbarazzante contro le squadre del livello massimo: fra quelle incontrate battuta solo Orlando, con sconfitte contro la stessa Orlando, i Celtics (due volte), gli Hornets e i Jazz.
Ma se in Europa, non solo in Italia, i ‘devi morire’, gli ‘zingaro di merda’ e le teste di maiale fanno colore (ci si indigna solo per i buuu, che invece spesso riguardano sia bianchi che neri), la stessa cosa non si può dire per chi deve vendere il suo prodotto in tutto il mondo (partita prodotta da TNT) e non può vedersi l’immagine rovinata da qualche centinaio di frustrati. Per questo si sta leggendo un po’ dappertutto di pressioni della NBA sui Cavs e sulla locale polizia perché dentro quello che ci piace chiamare palazzetto (scalda il cuore) non ci siano nemmeno una maglietta o un cartello offensivi. Non è un caso che Dan Gilbert, il proprietario infuriato dopo il tradimento dell’8 luglio scorso (in realtà James ha solo fatto i suoi interessi, ma ha sbagliato nella forma), si sia parzialmente calmato e che inviti al buon senso giungano un po’ da chiunque. Certo è che fra polizia supplementare e agenti sotto copertura (annunciati) la NBA è forse per la prima volta nella sua storia entrata in una logica calcioide. Per disposizione di Gilbert le magliette con offese a James e ai suoi familiari saranno sequestrate all’entrata dagli steward, dando in cambio una maglia di Cleveland. Rimane il discorso di fondo: LBJ è andato dove credeva di avere più possibilità di anello, come era nel suo diritto, ma scegliendo una forma pessima per comunicarlo: la ‘Decision’ in diretta Espn con testi davvero mal scritti e poca riconoscenza (almeno a parole) verso un ambiente che si era svenato per costruirgli intorno una squadra di supergregari superpagati. James non c’è più, ma gli stipendi dei Jamison rimangono. Ma questo piccolo temino era per dire che ‘figlio di puttana’ non va detto, nemmeno in uno sfogatoio e protetti dal branco. Poi quello del bar, mentre compila la sua schedina del SuperEnalotto in modo da perpetuare la propria condizione di suddito, argomenterà che ‘Se non ci si può sfogare allo stadio…’. Andate, andiamo, a dirle in faccia certe cose. Senza nascondersi dietro una tribuna o un nickname.

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