Svegliarino

Effetto Panatta, anzi Schiavone

Stefano Olivari 05/06/2010

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Francesca Schiavone ha vinto un incredibile, con tutto il rispetto per il grande tennis espresso dalla partita contro la Na Li in avanti, Roland Garros soprattutto per lei stessa e per una carriera sempre a un passo dal podio nonostante i tanti complimenti che spesso si regalano ai perdenti di talento.
Ma l’ha fatto anche per il tennis, dimostrando che anche nel 2010 una giocatrice capace di uscire dagli schemi può colmare un gap muscolare con le prime del mondo. Classe di cui peraltro fa adesso parte anche lei, che da lunedì sarà numero 6 WTA (con la Pennetta anche lei nelle top ten!). Non si batte una Wozniacki, numero 3 del pianeta, mettendo su più muscoli o tirando più forte di lei, ma senza variazioni non si batte nemmeno una del proprio rango come la Stosur. Fino ad oggi apparsa ingiocabile, schematica ma anche con 15 chilometri orari di vantaggio su ogni colpo (servizio in primis).
Rimanendo nel cortile di casa, anche se abbiamo preferito Eurosport il passaggio su Rai Due (senza Galeazzi), strappato all’ultimo momento grazie al fair play di Eurosport, vale come cento milioni di euro investiti in spot in prima serata per le iscrizioni alle scuole FIT. Una generazione di bambini italiani è cresciuta senza avere mai visto un minuto di Federer (in chiaro passato solo grazie a una finale del Foro Italico su Italia Uno), una generazione di bambine finora aveva intravisto la Schiavone solo in Fed Cup. Da ricordare che il Roland Garros mancava dagli schermi Rai da oltre dieci anni, mentre per Wimbledon bisogna risalire a metà anni Ottanta. Dal 1976 di Adriano Panatta è cambiato tutto, ma il desiderio di emulazione delle gesta di un campione rimane la spinta principale (insieme al fanatismo di almeno un genitore) per iniziare la pratica di qualsiasi sport. Inutile raccontare una partita che tutti (speriamo) hanno visto, ci piace ricordare una volta di più due caratteristiche positive della Schiavone che secondo noi contano quanto le sue discese a rete a fari spenti o il back di rovescio.
La prima: ha avuto tanti allenatori, ma in un certo senso è sempre stata lei ad allenarsi. Li ha sempre considerati professionisti ai quali appoggiarsi e chiedere consigli, mai guru da adorare. Tanto è vero che anche a quasi trenta anni spesso e volentieri si serve delle strutture della federazione per preparare certi appuntamenti. Il tennis femminile, anche ai livelli più bassi, è pieno di rapporti sbagliati: paterni o peggio. Meglio ragionare con la propria testa. La seconda: ha sempre avuto il sostegno di una famiglia (non una famiglia ricca, lezione nella lezione) appassionata di sport, ma che non è mai stata una presenza ingombrante ed ossessiva in tribuna nel corso della carriera. Basta così, fra qualche anno capiremo la grandezza di questa impresa anche se per la verità la capiamo anche adesso. Brava, brava, brava.
stefanolivari@gmail.com

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