Cvetkovic e Arslanovic erano nostri

10 Marzo 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

Tonino Carino non era un maestro di giornalismo: non lo si può dire nemmeno adesso che è morto, a meno di non essere specializzati in coccodrilli o autori di una fiction di Rai Uno. Ammesso che lo fosse, nessuno fuori dalle Marche (dove dopo i fasti di Novantesimo Minuto era diventato caporedattore alla sede regionale di Ancona) lo ha mai saputo.

Del teatrino messo insieme con intelligenza e cinismo da Paolo Valenti era però il più autoironico, l’unico ad avere coscienza del fatto che il personaggio avesse e avrebbe per sempre oscurato la persona e il giornalista. Non è un caso che mentre altre stelle di quell’epopea leggendaria abbiano sentito il bisogno di smarcarsi Carino anche da ospite di molteplici trasmissioni non abbia mai tradito l’immagine che la gente, cioè noi, aveva di lui. Come tanti altri miti senza tempo, tipo Luigi Necco (che a giugno avrebbe dovuto commentare insieme a Carino i Mondiali sudafricani, per gli ospiti di una nave da crociera…), Giorgio Bubba o Marcello Giannini, Carino era stato scelto da Valenti proprio in quanto non specialista di calcio. Una scelta da televisione del terzo millennio, verrebbe da dire, che alla forza enorme delle immagini date per primi univa un cazzeggio tifoso e provinciale che faceva arrabbiare solo i telespettatori più ottusi e invece divertiva tutti gli altri. L’Ascoli di Costantino Rozzi vivrà per sempre nei racconti di Carino, nei suoi servizi che inevitabilmente non partivano al momento giusto, nell’enorme auricolare inchiodato nell’orecchio, in nomi pronunciati in maniera unica (Cvetkovic e Arslanovic i nostri preferiti), nelle giacche dal taglio blindato che lui indossava come camicie di forza. Lui ha cavalcato la nostra piccola storia da protagonista, facendo anche il verso a se stesso in mille trasmissioni-nostalgia o a Quelli che il calcio. Consapevole cantore, senza snobismo, di un’Italia e di uno sport dove lo spirito di fazione è tutto. Fa freddo, il tasto verde di Sky non ci scalda e non sappiamo perché.

Share this article