Clamoroso, la filosofia di Pozzecco

21 Ottobre 2020 di Stefano Olivari

Gianmarco Pozzecco è il personaggio più riconoscibile della pallacanestro italiana, l’ultimo creato senza l’ausilio della NBA. Ma per una buona autobiografia essere famosi non basta, ci vuole sempre una certa disponibilità a mettersi in gioco e ad andare al di là del tutti amici, tutti grandi giocatori e grandi uomini. Con Clamoroso – La mia vita da immarcabile, scritto con Filippo Venturi per Mondadori ed appena letto, l’allenatore ed ex playmaker triestino è senz’altro riuscito nell’impresa.

Ci è riuscito perché Clamoroso non è soltanto una miniera di aneddoti, a base di cesse e/o fighe chiavate dopo una notte in discoteca (il linguaggio scelto ci è piaciuto, non c’è volgarità gratuita ma solo il linguaggio normale da spogliatoio maschile), di scherzi un po’ cazzoni a chiunque, dal cardinal Martini al magazziniere passando per Oscar Eleni (che Andrea Meneghin fece quasi mordere da una murena), di addetti ai lavori cialtroni. Il cuore del libro è il sogno di un bambino, che come tutti vuole vincere ma lo vuole fare a modo suo.

Pozzecco non è insomma il solito personaggio dello sport che spiega a noi sfigati il segreto per essere un vincente, e nemmeno il finto maledetto che finge di combattere il sistema. Pozzecco è anzi fin dall’adolescenza ben dentro il sistema, non solo per il padre Franco, apprezzato giocatore, allenatore e dirigente soprattutto in zona friulana e giuliana, ma perché punta tutto sulla pallacanestro senza minimamente avere un piano B. Fra Udine e Livorno nessuno gli regala niente, pur in un contesto pre-Bosman che permette ai giovani italiani di maturare giocando.

E così Pozzecco arriva a Varese, che fin da bambino era la squadra dei suoi sogni, per dare il suo meglio e vincere uno scudetto quasi incredibile nel 1999, con una squadra di amici come non sarebbe stato più possibile poi: lui, Meneghin, De Pol, Galanda, Mrsic di cui sarà vice al Cedevita Zagabria, Zanus Fortes, Santiago, senza dimenticare la bandiera Vescovi e soprattutto Carlo Recalcati. Non certo l’unico ex giocatore ad allenare, ma uno dei pochi (della stessa razza sono Sacchetti e l’amatissimo Dado Lombardi) a non avere dimenticato chi vince o perde le partite.

La parte migliore del libro è quella sull’amicizia: per Pozzecco non ha senso andare in un contesto vincente, anche strapagato, se non stai bene con gli altri. Questa è stata la zavorra della sua carriera, unita al fatto che anche in queste squadre di amici ci voglia un leader, con lui stesso candidato unico ad esserlo. Insomma, per Pozzecco meglio primo in Serie B che quinto in Serie A e lo dice con sincerità. Meglio Capo d’Orlando dell’Eurolega.

Di questo straordinario, anche in rapporto al fisico, giocatore, il migliore italiano mai visto nel condurre una squadra in transizione, si ricordano più i treni persi (l’oro europeo 1999, lo scudetto con la Fortitudo, il contratto NBA che aveva in mano) che quelli presi (l’argento olimpico di Atene), ma lui parla comunque del suo passato con grande gioia, perché è sempre stato sé stesso ed in fondo il suo personaggio, in parte costruito (l’ubriacatura all’Hollywood della domenica sera non era la regola, diversamente non sarebbe durato più di due mesi) dai media, lo ha distinto dalla massa almeno quanto le doti in campo.

Cosa non ci è piaciuto di un libro che comunque consigliamo? Qualche citazione di troppo, tassa da pagare al giornalista, la freddezza nei confronti di alcune sue ex, su tutte Maurizia Cacciatori, la preoccupazione di sembrare sempre spiritoso. Cosa ci è piaciuto? Molte più cose: la notevole dose di autocritica (alla fine riesce a parlare bene anche di Tanjevic, con il quale ha un passato che parte dai suoi 15 anni, quando il grande Boscia lo scartò per Trieste), la spiegazione perfetta di cosa debba funzionare in uno spogliatoio, la passione per il gioco che può avere soltanto un piccolo, visto che tanti si trovano a giocare a basket solo per il fisico, il messaggio universale che è quello di rischiare e sbagliare, ma di farlo con la propria testa.

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