Svegliarino

Castello Aragones

Stefano Olivari 30/06/2008

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Il centravanti campione del mondo che ti segna più di zero gol in cinque partite, il grande talento del calcio italiano che avendo intorno fiducia si mette e fare la differenza, il centrocampo che pur senza il suo regista è pieno di gente che ha vinto tutto da protagonista, la difesa registrata dopo l’esordio disastroso, il miglior portiere del mondo o giù di lì: Donadoni si starà chiedendo come mai gli azzurri non siano campioni d’Europa, con lui glorificato ed il ridicolo contratto prolungato in automatico, ma questo non toglie che le sconfitte ai rigori siano vere sconfitte (altrimenti le vittorie non sarebbero vere vittorie, dalla Coppa del Mondo in giù) e che la Spagna in ogni reparto abbia una qualità ed un’età media da fare spavento non solo ad un’Italia che comunque i suoi De Silvestri e Balotelli li produce sempre. Grottesca la retorica sui giovani, che applicata alla Spagna prende spesso connotazioni politiche (i vecchi spagnoli saranno rinchiusi in qualche lager?), così come la scoperta di Aragones che allena da 35 anni ai massimi livelli nella Liga. E che fra poco a 70 anni, invece di fare il santone ritirandosi o gestendo una Spagna che va avanti da sola, proverà per la prima volta l’avventura all’estero sulla impossibile panchina del Fenerbahce che ha distrutto i nervi non solo di Zico ma anche di gente come Hiddink, Parreira, Ivic, Venglos e Baric. Grande coraggio, complimenti. In questo Europeo la bravura di Aragones, oltre a quella di pensionare Raul-Del Piero (ancora valido ma troppo condizionante), è stata soprattutto gestire con il pugno di ferro le rotazioni dei giocatori, particolarmente complicate a centrocampo dove quasi sempre Fabregas e Xabi Alonso sono partiti dalla panchina. Integrando il tutto con cambi di posizione che hanno fatto la differenza, in questo favorito dalla versatilità di un Iniesta di superlusso. Poi l’infortunio di Villa in leggero calo gli ha paradossalmente facilitato il compito nel finale: se con un centrocampo a quattro gli avversari vedevano poco la palla, con uno a cinque non l’hanno proprio mai vista. Un successo dal peso specifico pazzesco, passando in scioltezza il girone, superando con merito i campioni del mondo e la squadra con i picchi di rendimento più alti dell’Europeo, infine evitando di perdere la testa in una finale da strafavoriti. Vinta correndo pochi rischi contro una Germania dalle poche armi, lasciando capire che ci sarà molto altro da dire: con in panchina un altro saggio come Vicente Del Bosque, anche lui senza le emozioni del visionario ma con la credibilità (e rispetto ad Aragones qualche trofeo in più, ogni paese ha i suoi amanti del genere ‘bacheca’) per farsi ascoltare da un gruppo di talenti.

Stefano Olivari

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