Editori per caso

A chi importa se il Manifesto fallisce

Stefano Olivari 07/03/2012

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di Stefano Olivari
Del governo Monti i media parlano bene, grazie anche al facile confronto con i precedenti, ma non ancora benissimo. Sarà per questo che lo stanziamento per i contributidiretti all’editoria, inizialmente previsto in 47 milioni dieuro, è stato elevato prima a 70 milioni e adesso, all’ultimo conteggio, si è arrivati a quota 120.
Non è un retroscena, ma l’annuncio del sottosegretario all’editoria Paolo Peluffo, che in maniera acrobatica ha spiegato come mai dopo tanto parlare di mercato e liberalizzazioni si è scelto di replicare un modello di cultura assistita dallo Stato secondo il ragionamento (fondato) che l’intellettuale non saprebbe mantenersi da solo, così come il giornalista che a volte ne è la parodia. Avanzi di gestione del bilancio autonomo dellaPresidenza del Consiglio, riassegnazione di residuirelativi agli esercizi precedenti, soldi di un decreto del 2009 mai distribuiti, supercazzole varie ed eventuali. E parliamo solo dei contributi diretti, non di quelli indiretti attraverso facilitazioni, finanziamenti agevolati, defiscalizzazioni, che poi sarebbero il grosso della torta. Sul vostro quotidiano preferito, quello che invita ad essere flessibili (già lo siamo, grazie) avete letto virulenti editoriali contro questo ennesimo regalo? Nessuno si impietosisce se fallisce un’azienda manifatturiera, diciamo proprio l’azienda e non le persone che ci lavorano e che magari sopravvivono grazie a vari ammortizzatori sociali, quindi perché a una persona normale dovrebbe fregare qualcosa se fallisce il Manifesto? Diciamo il Manifesto perchè lo scenario è questo, ma quasi nessun quotidiano cosiddetto ‘indipendente’ starebbe in piedi ai livelli di occupazione attuali senza questi sostegni. Fa eccezione il Fatto Quotidiano, che ha come filosofia quella di non accettare aiuti di stato. Ma è, appunto, una lodevole eccezione. Mentre il mitico mercato colpisce duro la stampa periodica, che però fa meno notizia. Ha chiuso quel giornale di informatica? E chi se ne frega, mica ha sfornato deputati e terroristi. Potranno sempre aprire un chiringuito… Morta la finta pubblicità per i quotidiani, quella istituzionale, non potevano quindi morire anche i regali diretti. Il problema è che non abbiamo ancora accettato, sul piano ideologico, che se un’attività non interessa o non è comunque in grado di autofinanziarsi non ha senso che esista.


Twitter @StefanoOlivari

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