Storia di un boxeur latino, alla ricerca di Gianni Minà

30 Luglio 2020 di Stefano Olivari

Minà

Storia di un boxeur latino è l’autobiografia di Gianni Minà, da qualche settimana uscita per Minimum Fax, ma soprattutto è una stupenda opera di narrativa. In cui il giornalista torinese alterna storie e personaggi raccontati mille volte (Muhammad Ali, Fidel Castro, Mennea, Toquinho, Maradona, Garcia Marquez, eccetera) a momenti molto personali ed intimi, in uno stile che sembra ispirarsi ad ognuno dei tanti artisti che gli hanno trasmesso qualcosa.

Un libro quasi jazz, dove sullo spartito di una vita da giornalista vissuta al massimo (e in gran parte da freelance, senza protezioni di alcun tipo) Minà si esibisce nei generi più diversi: la saga familiare, il ricordo di guerra, il retroscena cronistico, le piccole storie che affiancano la Storia, la parabola del campione, il gossip da Dolce Vita, la politica come chiave interpretativa del mondo. Il che non significa che Minà abbia sempre ragione, non mettiamo sullo stesso piano Rigoberta Menchù e Hugo Chavez.

Chiaramente si rimane affascinati dalla quantità di personaggi che Minà ha non solo intervistato, ma anche frequentato per cazzeggio, personaggi che hanno riempito la vita di ricordi che lui lascia cadere con nonchalance: quanti possono dire di avere fatto serata con i Beatles (nel 1965!) dopo averli intervistati? E in quanti hanno giocato a calcio nella villa di Gianni Morandi insieme a Pasolini? E vogliamo parlare di Troisi che gli citofona per non farsi beccare dai paparazzi insieme a Jennifer Beals? La cena del 1982 da Checco er carrettiere, con Garcia Marquez, Sergio Leone, Muhammad Alì, e Robert De Niro, sembra una parodia di Minà, ma è realmente avvenuta: in quella famosa foto c’è tutto.

Non è di sicuro un libro autocritico, visto che nemmeno prende in considerazione la critica principale sempre rivolta a Minà: la conoscenza diretta con i protagonisti li spinge ad aprirsi con lui, ma certo gli toglie l’opportunità di fare domande pungenti. Ma siamo sinceri, quante domande pungenti ascoltiamo in una normale conferenza stampa post-partita, ad un terzino e non ad un capo di Stato?

Storia di un boxeur latino è un libro anche molto politico, chiaramente di sinistra. Ma non è necessario condividere tutto per apprezzarlo. La parte più forte è quella riguardante le domande fatte da Minà al tremendo ammiraglio Lacoste, in vista del Mondiale in Argentina, domande sui desaparecidos di cui già si parlava molto prima del torneo: l’impressione non è per la rabbia dei militari, ma per la freddezza dei ‘colleghi’ italiani. Ma ripetiamo, la ben conosciuta forza delle storie di Minà (saremo distratti, ma raramente vediamo replicato il suo strepitoso Blitz domenicale) qui si intreccia con uno stile che raramente gli è stato riconosciuto. C’è tanto Sudamerica, tanta vita. 230 pagine commoventi, per chi sente qualcosa.

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