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Giornalismo

Il tifo di Ormezzano

Indiscreto 29/12/2024

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La vita e la carriera di Gian Paolo Ormezzano sono state in questi giorni ricordate dai tanti che hanno lavorato con lui, come Roberto Beccantini, quindi non aggiungiamo i nostri ricordi di seconda mano. Però da suoi lettori alcune cose sul grande giornalista (Franco Rossi diceva che Ormezzano sarebbe stato al livello di Brera, se non si fosse perso in troppe marchette) appena morto, alla giusta età di 89 anni, vorremmo dirle. La prima è che abbiamo adorato l’Ormezzano sul ciclismo, appassionante con il minimo sindacale di retorica, e amato l’Ormezzano inviato generalista, che sapeva raccontare con ironia anche i più insignificanti dettagli, mentre l’Ormezzano calcistico doveva molto al suo personaggio più che alla sostanza di ciò che scriveva: in questo senso di fronte a un Italo Cucci, per parlare dei viventi, era uno dei tanti.

La seconda cosa è che Ormezzano era uno dei pochi giornalisti, fra quelli che si occupano di calcio, a dichiarare il proprio tifo e addirittura a ricordarlo in gran parte dei suoi articoli, a volte anche quando il Torino c’entrava zero. Se nel 2024 dirsi tifosi del Torino non porta antipatie, nemmeno da parte degli juventini, per gran parte della carriera di Ormezzano non è stato così. Visto che nell’Italia post Superga il tifo per il Torino, in posti insospettabili, è stato un fenomeno di massa, e che il Torino di Pianelli spesso e volentieri ha lottato per lo scudetto e in un caso l’ha anche vinto: fra l’altro nel 1975-76 il direttore di Tuttosport era proprio Ormezzano, un Tuttosport che si faceva ricordare (e che noi ricordiamo, essendo arrivato fino alla fine degli anni Settanta) per i titoli surreali e il gusto del calembour, incomprensibile ai caproni da indicizzazione Google, gente che va su Grok e digita “Scrivi un ricordo di Gian Paolo Ormezzano” (magari viene uguale a questo post, non abbiamo avuto le palle di verificare).

Il tifo di Ormezzano per il Torino, dicevamo. La differenza con chi vilmente si inventava il tifo per squadre medie o minori (peggio ancora straniere, fra i giornalisti un’epidemia di tifo per l’Arsenal o l’Aston Villa) anche quando erano noti tifosi di club di Milano, Roma o Torino, o con i giornalisti-tifosi di professione, era evidente. Ormezzano non faceva il tifoso del Torino, lo era. Ma soprattutto non doveva nulla in carriera al suo tifo per il Torino, anzi. Un tabù che resiste ancora oggi e chi segue Indiscreto da anni sa come la pensiamo: senza almeno essere stati tifosi non si può capire il calcio (come i poveracci che sventolano bilanci), in ogni caso dichiararsi tifosi è un segno di onestà. Non vogliamo dire intellettuale, onestà e basta. Se dici cazzate le dici a prescindere dal tifo.

Onore a Ormezzano, quindi, da ricordare rileggendo i suoi libri. Averli letti tutti è difficile, contando soltanto quelli di una certa importanza ne avrà pubblicati almeno una cinquantina, ma ci siamo andati vicini. Al di là della celeberrima Storia del ciclismo, i nostri consigli dipendono anche dai gusti personali e quindi a nostri amici consiglieremmo le opere in cui Ormezzano mescola aneddoti giornalistici e storie di sport, quindi Io c’ero davvero (recensito su Indiscreto tre anni fa), I cantaglorie e Non dite a mia mamma che faccio il giornalista sportivo. Dovendone scegliere uno diremmo Il cantaglorie, più centrato sull’aneddoto che sulle riflessioni. Purtroppo nessuno dei suoi libri sul Torino è un capolavoro, mentre lo è Coppi & Bartali, con i due fuoriclasse che Ormezzano racconta attraverso i figli: non esiste materia che in Italia sia stata trattata di più di Coppi e Bartali, ma Ormezzano (la cui vera carriera iniziò con il racconto della morte di Coppi) lo ha fatto meglio di tutti.

stefano@indiscreto.net

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