Cosa succede in città

11 Giugno 2020 di Paolo Morati

Trentacinque anni fa, o giù di lì, usciva Cosa succede in città, settimo album di Vasco Rossi. Schiacciato dalla fama del precedente e storico Bollicine, che aveva di fatto sdoganato presso le masse l’ex DJ di Zocca, e del successivo C’è chi di dice no, dove sarebbe avvenuto un importante passaggio di immagine, Cosa succede in città (rigorosamente senza punto interrogativo) rappresenta in realtà il disco di Vasco Rossi a cui siamo più legati.

Sarà per la morbida Toffee (“Passami l’asciugamano, quello bianco, là sul divano“) dal cui titolo prendemmo spunto proprio quell’anno per il nome della nostra gatta (sopravvissuta per i successivi 22), o per la trascinante title track, oppure per i messaggi di Domani sì adesso no o Ti taglio la gola, per un quattordicenne inesperto degli anni Ottanta ancora da decifrare bene, o per il piacere di chiudere gli occhi e riflettere sulla apparentemente scanzonata Ti immagini (“Fantasie, fantasie che volano libere, fantasie che a volte fan ridere, fantasie che credono alle favole“).

Ecco che Cosa succede in città noi ce lo ricordiamo ascoltato con lo stereo a palla (si diceva così?) nei pochi momenti in cui si poteva fare rumore in casa, partendo con Cosa c’è, vivendo l’allegria attorno a Bolle di sapone o intonando la struggente Dormi dormi, con “il sole che muore mentre i miei sogni crollano”. Poi magari Una nuova canzone per lei non avrà avuto la poetica di Una canzone per te, finendo a differenza di quest’ultima nel dimenticatoio. Eppure oggi come allora… “i brividi che senti salire sono quelli che ancora non riesci a capire”.

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