Friday Night Lights, giovani come Tim Riggins

28 Novembre 2018 di Stefano Olivari

Diversi amici di Indiscreto ci hanno chiesto cosa sia Friday Night Lights, che a volte citiamo come benchmark quando si parla di serie televisive, e ci siamo accorti che effettivamente non moltissimi in Italia hanno potuto godere di questo straordinario prodotto che purtroppo è durato soltanto cinque stagioni e che da noi è stato visto prima su Fox e poi su Joi (a chi se lo fosse perso segnaliamo che tutte le puntate sono disponibili su Amazon Prime Video). Un pensiero profondo ispiratoci anche dalla segnalazione di Roberto Gotta: J.J. Watt due giorni fa è arrivato allo stadio indossando la felpa numero 33 dei Dillon Panthers, quella di Tim Riggins. Scelta che gli ha portato bene, visto che è stato giudicato il defensive player della settimana nella AFC. In effetti il defensive end degli Houston Texans ha l’età giusta per essersi abbeverato alla fonte di Friday Night Lights, serie ispirata a un libro di Buzz Bissinger ma che a differenza del libro, il racconto di una vera stagione di una vera squadra liceale texana all’inizio degli anni Novanta, porta l’azione a Dillon, città immaginaria del Texas degli anni Duemila che racchiude molti degli stereotipi ma anche molte delle verità sul Texas e su tutta l’America diversa da alcune città sulle due coste. Il trumpiano paese reale, più o meno.

Come al solito rimandiamo a Wikipedia per trama e personaggi della serie, ma riteniamo importante dire che un appassionato di sport, non necessariamente di football, non possa evitare di guardarla anche se magari la moglie preferisce L’Amica Geniale o cose del genere. Ci abbiamo trovato molti dei temi di The White Shadow, in Italia Time Out, la serie anni Ottanta su un allenatore di pallacanestro di high school alle prese con tutti i problemi di crescita dei suoi ragazzi, oltretutto in un quartiere molto difficile (in Friday Night Lights questo elemento entra più incisivamente nella quarta stagione, con il trasferimento di coach Eric Taylor a East Dillon dopo tre eroiche stagioni con i Dillon Panthers inframmezzati da un breve periodo universitario) di Los Angeles e con famiglie poco presenti. In questo Texas immaginario ma non troppo si va oltre, perché non sono importanti solo i giocatori ma anche i personaggi (soprattutto femminili, da Tyra a Lyla a Julie, per non dire della troppo perfetta Tami, la preside e moglie del coach) al di fuori della squadra e il contesto ambientale in cui il football, giocato e parlato, diventa molto più di una religione. Con tanto di politici invadenti e di booster alla Buddy Garrity, quei finanziatori che stanno ai margini delle squadre liceali e ancora di più di quelle di college, intromettendosi in ogni decisione.

Gettiamo la maschera: parleremmo per ore di questa serie e questo post ha l’obbiettivo di trovare altre persone con cui farlo. Anche per ridere delle tante imprecisioni e dei ruoli cambiati in scioltezza (nel football non è come dire a Politano di spostarsi a sinistra o a Cristiano Ronaldo di accentrarsi), tipo Landry Clarke che fa qualsiasi cosa in difesa e negli special team prima di diventare kicker, per non dire dell’età imbarazzante di alcuni attori, in certi casi quasi trentenni spacciati per liceali creando un po’ l’effetto Beverly Hills 90210 o, per dirla in italiano, l’effetto Chicco Lazzaretti. Ma tornando a Tim Riggins, il leggendario 33 dei Dillon Panthers non inizia come personaggio centrale della serie (che è ovviamente il coach tutto di un pezzo) ma emotivamente lo diventa perché rappresenta meglio di tutti quella giovinezza che sfugge già da giovani. Al tempo stesso privo di progetti (dopo pochi giorni fugge dal college per tornare a Dillon a riparare macchine con il fratello semi-fallito) e pieno di idee velleitarie, Tim trova un posto nella società soltanto come idolo sportivo e fullback del liceo: si lascia vivere, in mezzo a un mare di birra e inseguendo le poche donne che non lo vogliono, e non accetta il mondo dei furbi e del saperci fare, infilandosi ovviamente in ogni tipo di casini. Un giovane Holden diverso dal ribelle senza causa di Salinger: il 33 dei Panthers non si ribella al sistema, anzi non concepisce un mondo diverso da Dillon, ma forse ha una causa: quella di rimanere giovane dentro. La migliore causa possibile.

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