Deutschland 83, brutto come il Muro

15 Gennaio 2016 di Stefano Olivari

La visione di una serie molto pubblicizzata e perfettamente inserita nello spirito del tempo come Deutschland 83 ci ricorda il motivo per cui la maggior parte delle nostre recensioni sono positive: non per quieto vivere o convenienza (abbiamo scoperto con gioia che pochi euro investiti su Facebook, Twitter o Google sono più produttivi che mendicare due righe all’opinion maker della situazione), ma per la semplice ragione che non bisogna buttare via tempo con un’opera che non ci piace e che al di là del valore artistico, comunque opinabile, non ‘sentiamo’. Per questo abbiamo abbandonato dopo poche righe libri scritti da Proust ma anche da Mazzarri, cambiato canale dopo poche sequenze di Bergman così come di Neri Parenti, tolto un disco dopo due note di Shostakovich come di Rocco Hunt. Va da sé che non possiamo poi recensire opere conosciute in maniera parziale, a meno che non ci paghino per leggerle interamente. Per Deutschland 83 abbiamo fatto un’eccezione perché pur nella sciattezza della sceneggiatura l’ottimo soggetto faceva sempre sperare in un cambio di passo. Invece gli otto episodi si sono trascinati stancamente verso la fine, fra un colpo di scena più inverosimile dell’altro e tante scene dense di comicità involontaria. Questa produzione tedesco-americana, trasmessa da noi da Sky Atlantic, è ambientata nel 1983 in pieno panico da guerra nucleare, con posizionamenti di missili in mezza Europa che la NATO considerava un deterrente rispetto a quelli del Patto di Varsavia e ragionamenti opposti dall’altra parte. Il fronte più caldo è quello tedesco, con i servizi segreti della Germania Est convinti che dall’Ovest si scatenerà un attacco nucleare. Così riescono a infiltrare un giovane sergente, Martin Rauch, nei piani alti dell’esercito tedesco occidentale alle dirette dipendenze del generale Edel: militare a suo modo ‘democratico’ con moglie depressa, figlio pacifista e gay, figlia che vive in una comune e fa la corista. Tutti innamorati di Martin, che all’Est ha lasciato la fidanzata incinta (ma informatrice dei servizi, come del resto era un tedesco orientale su 17), una madre malata e dissidente (osa leggere libri proibiti, come ‘1984’) ed è diviso fra vari piani di lealtà: al proprio paese (molto), al comunismo (poco), alla propria famiglia (abbastanza), a se stesso (a tratti), alla missione (prima ni e poi no). Una buona struttura, che crolla di fronte a una serie di situazioni da far rimpiangere Bombolo & Cannavale, dal generale americano che viene sequestrato da Edel junior in un bordello alle sparizioni mal giustificate di Martin, dai cambi di programma dei servizi segreti (tutto si può dire di quelli dell’Est, ma non che fossero composti da idioti) ai dialoghi di qualità infima anche in inglese (in tedesco non sappiamo). Ad aggravare il tutto spruzzate di anni Ottanta buttate lì a caso, dal walkman all’AIDS, tanto per intercettare i nostalgici come noi, solo parzialmente riscattate dalla musica: 99 Luftballons sempre nel cuore… Detto che la maggior parte delle critiche a Deutschland 83 ha invece segno positivo e che all’attivo della serie c’è l’ottima ricostruzione degli ambienti (fra l’altro le scene negli uffici della Stasi sono state davvero girate nei vecchi uffici della Stasi, oggi un museo),  la sensazione è quella di un’occasione persa in proporzione al materiale storico a disposizione e agli spunti offerti dai personaggi, si pensi soltanto alla scoperta di bellezze e orrori del consumismo. Otto ore inutili.

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