Attualità

Zucchero, il Monte dei Paschi e il cliente che non ha sempre ragione

Stefano Olivari 15/01/2019

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Fra i tanti problemi del Monte dei Paschi uno di quelli più piccoli è la causa che gli è stata intentata ormai 15 anni fa da Zucchero, inteso come Adelmo Fornaciari, di cui non si era mai saputo niente e che abbiamo scoperto leggendo il Corriere Economia. In pratica il cantante emiliano aveva citato in giudizio la banca di Siena e una delle sue controllate, la Banca Toscana, per dichiarare la nullità dei contratti di investimento sottoscritti con i due istituti e la restituzione delle somme originariamente versate. Rimandiamo al giornale per la complessa vicenda giudiziaria, rimbalzando da un tribunale italiano all’altro, che ha avuto la sua tappa più recente alla Cassazione tenendo vive le speranze di Zucchero di riavere il suo milione e mezzo di euro. Ancora niente di definitivo, ma un principio stabilito dalla Corte: il fatto che il cliente sia ricco e con un’alta propensione al rischio non esenta la banca dai doveri di informazione e protezione nei suoi confronti. Detto che parte della vicenda gira intorno alle firme su certi investimenti e che comunque nel corso degli anni Zucchero ha incassato i proventi degli investimenti andati bene, ci sembra interessante la questione ideologica. In parole povere: il cliente ha sempre ragione?

È una domanda ben posta da Alain Delon, agente di Borsa nell’Eclisse di Antonioni, una domanda che interessa tutti noi e che ha grande senso soprattutto quando non siamo in presenza di truffe o di ricatti al cliente, come è accaduto in altre recenti vicende. Insomma, nel ‘normale’ investimento andato male o il più delle volte inchiodato sul classico ‘meno qualcosa’ da cui si esce appunto perdendo il ‘qualcosa’ per salire su un altro treno consigliato magari dalla stessa persona, così generosa nei nostri confronti che preferisce fare l’impiegato di banca che il trader in proprio. La nostra impopolare idea è che il cliente non abbia sempre ragione e che quindi non ce l’abbia nemmeno Zucchero, a meno che le firme non siano state falsificate contro il suo volere. Dipende dai casi, non si può generalizzare. Certo è che la maggioranza, anche delle persone informate, non accetta rischi e si dimentica facilmente delle operazioni andate bene. Ma soprattutto rimpiange un fantomatico passato felice, dimenticando che senza i controlli della cattiva Europa le sue patriottiche lire si svalutavano anche del 20% l’anno e che quindi i suoi titoli di Stato al 15 valevano quanto un rotolo di Tenderly. Eppure sentiamo quotidianamente discorsi del genere, con il sottotesto che le banche truffatrici ti tengano lontane dalle ‘vere’ opportunità senza rischi. Nostra idea, ripetiamo. Certo è altamente diseducativo far passare il concetto che ogni investimento andato male sia una truffa o comunque colpa della banca, come se il cliente fosse sempre un bambino ingannato dagli adulti cattivi.

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