Suarez era da Inter

10 Luglio 2023 di Stefano Olivari

Luisito Suarez non era da Inter, il primo a dirlo sarebbe stato lui. Perché per Suarez, almeno per il Suarez che abbiamo conosciuto noi, nessuno era davvero degno di vestire la maglia dell’Inter. Fra chi sta leggendo questo post qualcuno lo ha visto giocare (noi non abbiamo fatto in tempo), mentre tutti lo conoscono come commentatore sempre pungente, anche nei confronti della squadra con cui veniva identificato. Anche per questo una rarità: non era straricco, ma aveva investito bene i suoi soldi e non aveva bisogno di mendicare ruoli dirigenziali di Serie C o da tagliatore di nastri. Anche se poi all’Inter qualche volta è tornato, quasi sopportato.

Saltiamo quindi a piedi pari il coccodrillo e l’elenco wikipedistico: Suarez è stato uno dei più grandi calciatori degli anni Cinquanta e Sessanta, capace anche di cambiare ruolo, ma come campione non lo abbiamo mai veramente visto e quindi evitiamo l’effetto Buffa racconta Sindelar. Lo abbiamo però conosciuto benissimo da ex, in parte grazie a Franco Rossi ma soprattutto grazie all’essere vicini di casa, noi in via Gulli e lui in via Martinetti (dove ci sono le nostre scuole medie, chiamate Gulli… va be’, fidatevi, comunque periferia Ovest di Milano, in futuro semicentro), posti dignitosi ma non gli indirizzi che uno si aspetta per un uomo ricco. Proprio stamattina un vecchio amico ci ha elencato le altre glorie locali, per nascita o residenza, nel raggio di poche centinaia di metri: Ricky Pittis, Amedeo Mangone, Mario Tessuto.

Fino a quando abbiamo abitato lì abbiamo incontrato Suarez ogni mattina all’edicola di via Gulli, di cui era fra i principali finanziatori. Ogni mattina acquistava i tre quotidiani sportivi, il Corriere della Sera, Il Mundo Deportivo che arrivava apposta per lui, più altre cose seguendo l’ispirazione. Inutile dire che che in pochi secondi si formava intorno a lui un crocchio di sfaccendati, inspiegabili alle nove del mattino in un’epoca pre-reddito di cittadinanza, che per mezzora lo interrogavano su tutto lo scibile calcistico. E lui non si faceva pregare per i suoi giudizi uncensored: uno spettacolo, anche se non tutti avevano ben chiara l’importanza di Kubala e Di Stefano, o le dinamiche dei rapporti fra Mazzola e Corso. Era molto riservato, parlava quasi soltanto di calcio e di politica: da altri sapevamo che in via Martinetti viveva con la seconda moglie, italiana, e dai giornali che aveva un figlio di professione biologo e residente in Spagna.

Come detto prima, non abbiamo mai visto giocare il Suarez vero se non in immagini sgranate. Ma ci è bastata la volta in cui ci abbiamo giocato contro da ex, nel 1997, partita fra una raccogliticcia selezione di giornalisti semi-giovani e ed una altrettanto disorganizzata selezione di vecchie glorie e dipendenti dell’Inter. Il sessantaduenne Suarez non era stato convocato, se non come spettatore, e si arrabbiò moltissimo, così impose la sua presenza: si tolse le scarpe e giocò un tempo soltanto con le calze, facendosi prestare maglia e pantaloncini da un magazziniere. Impressionante, non soltanto per la tecnica, ma per il fisico che non è la prima cosa che colpiva in Suarez. Imprendibile, una scheggia, un’altra categoria anche rispetto a gente che a calcio aveva giocato (nella sua squadra Hodgson).

Si è molto scritto della severità dei ritiri di Herrera, ma allora funzionava così dappertutto ed i calciatori non potevano che obbedire: altro che permessi per incontrare la fidanzata influencer o l’amico tatuatore. Suarez, a detta di tutti si suoi compagni, era l’unico professionista naturale, nell’accezione di Toninho Cerezo, ed infatti fino a quando non si è ammalato, ormai davvero vecchio, era in formissima. Frequentatore dei bar, in particolare di uno, quello vicino al benzinaio, nella parte iniziale di via Novara, posti interclassisti in cui il medio si mescola con il basso (l’alto lì non esiste, l’unico era lui), e tutti sanno sempre tutto senza bisogno di Google. Luisito Suarez secondo noi era da Inter.

stefano@indiscreto.net

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