Cinema

Steven Seagal, duro da uccidere

Stefano Olivari 10/04/2022

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Steven Seagal compie settant’anni e la cosa non lascia indifferenti noi cultori dei film di azione. Certo lo statunitense ha sempre giocato in Serie B rispetto a Bruce Lee, Chuck Norris o Jean-Claude Van Damme, ma questo non toglie che fra gli anni Ottanta e i Novanta sia stato protagonista di film di straordinario successo: soprattutto Nico e Trappola in alto mare, ma anche Programmato per uccidere, Giustizia a tutti costi, Decisione critica. Oltre a Duro da uccidere, che a distanza di oltre trent’anni abbiamo rivisto sabato notte su Rete 4, per così dire in diretta, come si faceva una volta.

Duro da uccidere va ovviamente visto senza sovrastrutture mentali: la recitazione di Seagal è sempre sotto il livello di guardia, ma non è peggio della scuola romana due camere più cucina, la sceneggiatura e i dialoghi sono agghiaccianti, la trama (un poliziotto del quale viene finta la morte per sette anni, quando invece è soltanto in coma, per sfuggire a poliziotti corrotti) piena di buchi, e anche le parti puramente di azione sono al livello di Alex l’ariete. Nel 2022 è un film che tiene incollati allo schermo soprattutto per la presenza immensa, divina, carismatica, di Kelly LeBrock. Che per sempre sarà La signora in rosso, il film del 1984 che la fece conoscere in tutto il mondo.

L’attrice e modella britannica fra l’altro fu la responsabile dell’entrata di Seagal nel mondo del cinema, visto che questo sconosciuto maestro di aikido, dal passato misterioso (e pieno di episodi inventati dallo stesso Seagal), prima di fare l’attore era stato la guardia del corpo di lei e di altri personaggi hollywoodiani. Fra l’altro ai tempi di Duro da uccidere, il 1990, lui e la LeBrock (nel film improbabile infermiera) erano anche marito e moglie. Tutto questo per arrivare alla solita considerazione: gli action movie girati prima della deriva tecnologica, anche i peggiori, hanno qualcosa di magnetico che rende tollerabile qualsiasi dose di trash.

 

 

 

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