Rifiutando la morte di Kobe Bryant

27 Gennaio 2020 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sperduto in un fiordo islandese per non rispondere alla coscienza sporca che ci ha fatto rifiutare un commento sulla morte di Kobe Bryant, rubato dagli dei, portato via nel rogo del suo elicottero privato. Eravamo sotto choc quando è arrivata la chiamata dal capo dello sport al Giornale. Non riuscivamo a pensare. Destino infame, ma perché? Insomma tutti tormenti che ti prendono quando trovi che la morte ha un suo codice e non rispetta niente, l’età, il censo, insomma la livella.

Erano le stesse cose che pensavamo quando ai tempi della Voce montanelliana  eravamo stati precettati nel giorno in cui i giornali non escono perché il pilota che amavamo di più, Ayrton Senna, bravo al volante, stupendo come essere umano, era andato oltre una curva maledetta. Da quel giorno era rimasto il rifiuto per interventi dove la vita era stata rubata, un po’ come quando al carcere di Bollate presentarono una bella squadra di calcio, ma se andavo in giro a chiedere la pena che dovevano scontare ricevevi risposte tremende: ergastolo, trenta, vent’anni.

No, lo sport ci aveva abituato a raccontare storie con un bel futuro ad esaltare la reazione di Zaniolo a quegli striscioni anche più infami di quelli che Napoli ha dedicato al Sarri esiliato da o presidente che ne ha sempre parlato malissimo. Invece c’era questo rogo, c’era lui il Mamba delle meraviglie, ma anche sua figlia tredicenne che  per tutti avrebbe fatto grandi cose. Niente, non se ne parla. Il cuore non ve lo diamo più.

Ci teniamo il magone, ritroviamo la strada di Sky che per tutta la sera lavora sulla tragedia. Bravissimi tutti, c’era l’anima, c’erano storie meravigliose raccontate anche bene, traduzioni simultanee con il groppo in gola. In un attimo il riscatto per tutte le telecronache urlate senza senso, dove chi commentava era molto più interessato al niente di tanti giocatori in campo come avviene nella NBA del barnum chiamato stagione regolare e ringraziamo chi ci ha girato il meraviglioso pezzo di Tavcar, l’uomo nato a Trieste, nella comunità slovena, sulla strada per Vienna, aiutandoci a pensare e a ragionare.

Un’altra scusa per non sfiorare il bambino con una calza su e una giù che a Reggio Emilia correva con la leva del ’77-’78 per il Menozzi che plasma da anni i talenti nella scuola più interessante nella caverna del basket che alleva i suoi pipistrelli e i suoi serpenti e ha dimenticato che il passato non è una stazione che lasciamo alle spalle, ma ciò che, nonostante tutto, continua ad essere presente come diceva il grande filosofo Emanuele Severino che ci ha detto addio da poco tempo.

Ma è la morte di Kobe e di sua figlia che ci ha rubato la voglia di guardare nella bottega dei barbieri di cestolandia, in Italia dove cercano il mago di Oz per qualche dollaro in più e lasciano morire i vivai dove imparò il Bryant delle meraviglie, dei 5 titoli NBA, dei 2 ori olimpici, il tifoso del Milan che amava Maldini, ma si era pure invaghito del Del Piero artista e del Totti campione, ma anche splendido compagno di viaggio.

Certo anche nell’Eurolega il pesce sembra puzzare dalla testa e Tomas Van den Spiegel, bravino sul campo, ora presidente dell’ULEB, l’unione delle leghe europee che Porelli regalò al grande basket, primo presidente, poi sostituito da Portela, ha fatto sapere che se non saranno difesi i diritti sportivi allora scoppierà la guerra come desidera ormai da tempo la FIBA anche dopo Baumann. Certo fra i dobloni è difficile che i soci dell’eurolega di oggi mollino per ammettere chi si è guadagnato il diritto sul campo, anche se  l’Eurocup in effetti già promuove i meritevoli.

Discorsi per distrarsi un po’ nel fiordo di Grundar, ma ecco che quelli di Sky ti mandano Kobe sul palco alla premiazione degli Oscar dove riceveva il premio per il suo docufilm, costruito sulla struggente lettera  del magnifico al basket come amore per le splendide ossessioni. Chiude in tuxedo grigio, sorridendo alla sua maniera, il Mamba accidenti, salutando alla fine le sue donne, la moglie e le figlie, usando l’italiano come faceva con Messina ai Lakers quando voleva conversazioni riservate.

Non ce la facciamo più a guardare il nero di quel fumo vicino a Malibu e non ci consolano neppure le nostre sciatrici, così brave, così, forti, così squadra anche in uno sport individuale perché forse hanno allenatori più considerati e protetti dalla federazione  rispetto al povero Cipressa che la scherma ha lasciato nella gabbia di due tigri che si guardano in cagnesco come è quasi sempre accaduto in uno sport dove in troppi avrebbero la tentazione di togliere il salvapunta e affilare le lame, come ci disse ad un Mondiale qualche atleta che viveva la sua infelicità.

Figurarsi se  con uno stato d’animo del genere ci perderemo a guardare dentro una giornata di basket del campionato che pure qualche  scossa deve averla data se in giro c’è tanta tensione, non soltanto per quello che decideranno i tre “saggi” scelti dalla Lega per sostituire il sorriso confortante del Bianchi con chissà quale fusto del pretorio capace di far sganciare un dollaro in più alle televisioni che, come abbiamo visto a Quelli che il calcio, da sempre, vanno dove c’è miglio ed ecco perché il biliardo, le freccette in abbonamento, per cui uno come Pizzul, uno bravo davvero, veniva mandato ai campionati di sci nautico piedi nudi, alle bocce.

Niente contro queste discipline, ma è per farvi capire che se il basket pretende di più quelli cercano altrove federazioni che regalano la canoa fluviale pur di andare in diretta. Temiamo che sia così anche per la povera atletica, che vediamo in tutte le versioni per le gare su strada, in montagna, rimpiangendo i giorni in cui la Cinque Mulini era evento e non passatempo, ma siamo influenzati negativamente dalle brevi viste dopo una bella presentazione in casa della Banca sponsor, con Paola Pigni scatenata come ai tempi in cui il Turri portava artisti veri al Meraviglia, trovando persino un fenomeno come Akii-Bua da far correre dove l’Olona già era color del coronavirus. Cambia tutto, ma adesso che a Sport e salute ci manderanno uno che sa giocare a golf, dicono, siamo più sereni, almeno non ci dirà, come il predecessore, che non ha mai praticato.

Salutando Bryant che gli Stati Uniti onoreranno come sanno fare loro, che il mondo dello sport piange davvero perché era nel cuore di tutti, vi dico che rinuncerò alle pagelle. Sarebbero ridicoli viaggi nel nostro piccolo  mondo, tanto più adesso che i like sono sempre meno.Diremo soltanto che la ventesima giornata ci ha regalato qualche sorpresa intrigante.

Trento che vince a Sassari con Ale Gentile mattatore al buzzer, cosa?, insomma sulla sirena, dimostra che Brienza ha ritrovato uomini dopo il bagno casalingo con l’ex Buscaglia.

Brindisi che aspetta Milano a fauci aperte, non certo impressionata dal raid dell’Armani in casa della Trieste con poco savor, ha fatto un partitone chiudendo la striscia vincente di una Brescia che sul doppio fronte si è un po’ esaurita.

Siamo stupiti che Johnson-Odom, ma anche Fontecchio, abbiano imbroccato due belle gare in fila nel nome di Reggio Emilia, la culla di Kobe.

Difese aperte a Cremona, ma la gente deve essersi divertita vedendo tanti canestri, 192 punti in due, Roma resiste nonostante tutto, certo più dei francesi che s’incazzano se l’Amerique lo vince un trottatore italiano come ai tempi di Varenne.

Mentre rimuginavamo sulla vigliaccheria nel rifiuto a scrivere di Kobe ci siamo consolati con la battaglia  vinta in trasferta da Treviso che sbancando Pistoia si è garantita la permanenza in A1 dove starebbe benissimo anche se dessero a Menetti una squadra più solida evitando che il fesso di turno ubriaco di calciomercato si avventurasse sull’ultima spiaggia per il nostro caro chef friulano.

Bella chiusura serale nella Bologna che rispondeva alla sua maniera a citofono selvaggio mostrandoci l’anima della Fortitudo di Antimo Martino contro la bella Varese di Caja che, forse, sarebbe anche più interessante se Mayo funzionasse in trasferta come a Masnago, se all’allenatore interista già provato dall’isteria di San Siro nel dopo Cagliari, faranno guidare una  squadra senza maglia rossonera adesso che si avvicina anche il derby.

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