Cinema

Panarea, il peggio degli anni Novanta

Stefano Olivari 27/09/2022

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La nostra passione per il trash e per l’estate non si spinge fino alla rivalutazione di Panarea. Ma questo film del 1997 ha qualcosa di ipnotico, al di là di Alessia Merz e Hoara Borselli al loro massimo, e quando lo abbiamo ritrovato su Amazon Prime Video ci siamo ricascati. Dai, guardiamone 5 minuti. Facciamo 10, poi vediamo quei comunistelli romani di mezza età di Propaganda Live. Alla fine tutto. Merito di Panarea, isola bellissima e con una grande vita serale, per certi aspetti la Mykonos italiana, ma anche della cagnaggine assurda di quasi tutti gli attori messi insieme da Pipolo, con il sodale Castellano colpevole soltanto della sceneggiatura. L’unico vero un Guido Nicheli molto stanco ed anche un po’ triste, nella consueta parte del cumenda.

La storia principale, si fa per dire, è proprio la villa la cui cura Nicheli-Guido Bedoni affida al figlio Giorgio, che viene plagiato dal cameriere Antonio e riempie la casa di fighe e sfaccendati vari. Poi c’è Hoara Borselli contesa da due vitelloni, Alessia Merz che deve controllare i bollori della sorellina che le contende lo stesso ragazzo con metodi politicamente scorretti (cioè facendogli credere che la Merz sia lesbica), uno sfigato che tenta di infrangere la regola dell’amico, eccetera, in generale un nulla cosmico che non ha, ed è questo il punto, nemmeno l’1% della simpatia cialtrona che c’era in un film del genere ma girato negli anni Ottanta.

Panarea si guarda in scioltezza, ma è semplicemente plastica televisiva portata al cinema, ammesso che qualcuno sia mai andato a vederlo al cinema. Però ha una sua importanza storica, perché è stato forse il primo film di questo genere a fare a meno degli attori. Il Grande Fratello doveva ancora arrivare e non era ancora stato sdoganato il concetto che chiunque potesse essere famoso senza una sola qualità (nemmeno far ridere, che è cosa difficilissima). Il film è anche significativo per un linguaggio (“Non è che sarà dentifrocio?” la battuta cult) atroce, a metà fra il tamarro ed il giovanilistico-forzato, che nemmeno rappresenta lo spirito del tempo. Anni Novanta da rivalutare, ma non per Panarea.

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