Cinema
Pagati da Luca Barbareschi
Stefano Olivari 01/08/2025

Auguri a Luca Barbareschi, che ocompie 69 anni e che non ha bisogno di presentazioni: di articoli scritti con Wikipedia o con ChatGPT ce ne sono già fin troppi. Barbareschi in vita sua ha fatto mille cose, ma è ovvio che noi lo celebriamo soprattutto come icona anni Ottanta, fra televisione (C’eravamo tanto amati, in pratica coppie che litigavano: uguale alla Mediaset di oggi, ma 35 anni fa) e soprattutto cinema, con tanti titoli amati dalla critica e alcuni da noi, con ruoli memorabili: il giornalista gay Guido in Via Montenapoleone dei Vanzina, Gino in Teresa, di Dino Risi, con una sontuosa Serena Grandi camionista, l’uomo anniottantesco indeciso fra Carol Alt e Brigitte Nielsen in Bye Bye Baby di Oldoini: tutte cose note a chi sa.
Ma veniamo a noi. Oltre che per la sua bravura e il suo eclettismo, Barbareschi è riuscito a colpirci per un motivo molto preciso: si tratta infatti di uno dei pochi editori, e in quarant’anni di lavoro ne abbiamo conosciuti un centinaio contando anche le collaborazioni saltuarie, ad averci pagato sempre bene, diciamo al livello di un impiegato di banca, e con puntualità.
Stiamo parlando del 1998 e del 1999, quando la Glamm Interactive, di cui Barbareschi era stato uno dei fondatori, ebbe l’idea, all’epoca originale, di creare un portale calcistico che non fosse legato a media già esistenti. Si chiamava Ballngol, scritto proprio così, certo un nome che un pubblico italiano non rimaneva in testa. Non era in ogni caso l’editoria (era il tempo in cui si discuteva della distinzione fra portale e ‘vortale’, sembra il Mesozoico) il loro core business, visto che si occupavano di siti e soluzioni web per grandi aziende, dal Vaticano in giù, ma ritenevano che l’informazione sul web fosse un buon affare.
Non lo era e non lo sarebbe diventato nemmeno nei decenni successivi, così dopo un paio d’anni l’operazione finì, ma questo non toglie che Barbareschi (spesso presente lì in azienda, all’epoca in viale Corsica a Milano, e sempre molto alla mano) avesse un’idea molto chiara del lavoro, che abbiamo ritrovato in tante sue interviste recenti riguardanti teatro e cinema: chi lavora deve essere pagato, proprio come principio, al di là del quanto che dipende dalla sua importanza (e noi di sicuro eravamo i meno importanti della Glamm), se un’attività non genera interesse del pubblico e quindi reddito deve essere chiusa. Il fatto che giudichiamo una simpatica curiosità l’essere stati pagati come da accordi dice già tutto.
stefano@indiscreto.net
(articolo pubblicato il 28 luglio)