Orietta Berti è pazza, i Settanta senza senso

19 Ottobre 2022 di Stefano Olivari

Le scritte dal significato inspiegabile sui muri di tutta Italia, uguali dal Trentino alla Sicilia, sono un grande classico degli Anni Settanta. Fra queste una delle più inspiegabili rimane ‘Orietta Berti è pazza‘, che apparve per la prima volta a Roma per poi diffondersi nel resto del paese senza che i media ne parlassero e ovviamente senza internet. È fra l’altro la scritta che si vede nella cella di Francesco Nuti all’inizio di Tutta colpa del Paradiso: pare che  l’idea fosse stata partorita dagli indiani metropolitani, ma ci rendiamo conto che già dicendo ‘indiani metropolitani’ dovremmo aprire una parentesi gigantesca. Come spiegarli? San Google, provvedi tu

Tutto questo era per spiegare il titolo del nuovo disco di Marco De Annuntiis, cantante dell’underground romano di cui parliamo per la sua attualità, in giorni in cui gli anni Settanta vengono riletti per portare avanti operazioni spericolate e spesso disoneste, che possono prendere il nome di ‘Pacificazione’, ‘Memoria condivisa’, ‘Superamento dei muri ideologici’, eccetera. Nel testo di De Annuntiis si parla di Mambro, Fioravanti, Balzerani, Kissinger, Giulio Cesare, con un’amarezza anarchica che ricorda Piero Ciampi anche se magari De Annuntiis (lo conosciamo solo grazie a YouTube) non manda affanculo il pubblico come faceva l’incompreso, e spesso incomprensibile, livornese.

Il senso della canzone è chiaro: noi possiamo anche renderci conto dell’assurdità di tanti dogmi e della violenza, ma se non decidiamo c’è chi decide per noi: trafficando, venendo eletto, sparando. Con tutto che poi viene fabiofazizzato e fatto digerire, istituzionalizzando il dissenso: “Ci vorrebbe un nuovo Tenco/per spararsi al Premio Tenco/ma non voglio mica farlo io”.  Di questo disco ci ha colpito il fatto che sia stato fatto, o per lo meno lanciato, in collaborazione con Spazio70, portale che è un interessante spazio di rivisitazione critica di quel decennio che va al di là dei santini nostalgici. Come a dire che la storia viene banalizzata per i fini politici del presente, ma qualcuno interessato a conoscerla ancora c’è.

Share this article