Economia

Negozi chiusi nei giorni festivi

Stefano Olivari 18/12/2024

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Vogliamo un’Italia in cui i negozi tornino a essere chiusi nei giorni festivi? Nemmeno il tempo di scrivere un post su Milei ed ecco la classica proposta di destra che piace tanto alla sinistra, visto che arriva da Fratelli d’Italia ed è stata presentata ieri alla Camera. La proposta non è comunque estrema, visto che le chiusure obbligatorie per le attività commerciali sarebbero Natale, Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, il Primo Maggio e Ferragosto. Non le domeniche, quindi, anche se l’intento della proposta è quello di consentire ai lavoratori di attività grandi e piccole di avere una vita familiare e personale meno condizionata da obblighi e sottili ricatti. Le domeniche sono quindi il bersaglio grosso, perché nei sei giorni citati di aperto c’è già oggi molto poco, anche in località presunte turistiche.

Come al solito, per sfuggire all’AI con cui vengono scritti gli articoli degli altri siti (da noi solo le marchette parapubblicitarie, ma quelle non le scriveremmo comunque), andiamo sul personale. Nella mitizzata Italia in cui siamo cresciuti i negozi alla domenica erano chiusi, punto. Fino alla metà degli anni Ottanta le eccezioni riguardavano la ristorazione, le edicole e le attività presso stazioni e aeroporti, più qualche deroga per motivi turistici. A dirla tutta c’erano tanti negozi a conduzione familiare che erano chiusi anche il sabato pomeriggio e negli altri giorni le aperture oltre le 19 erano rarissime, con leggi statali che si saldavano a regolamenti locali quasi sempre pro-chiusura (anche per motivi religiosi). Di più: la prassi era per molti anche la chiusura pomeridiana di almeno un paio d’ore ma più spesso tre. Qualcosa cambiò nel 1984, con un aumento delle deroghe ma mantenimento della chiusura alla domenica, e una ulteriore legge del 1998 con maglie ancora più larghe, fino alla quasi totale liberalizzazione del 2011 con il Salva Italia di Monti. Unico segnale contrario, in tempi recenti, il Decreto dignità del Conte I, quindi Lega-5 Stelle, ma senza effetti concreti su attività commerciali ormai a ciclo continuo, chiuse di fatto soltanto di notte.

Tanto per parlare di territori che conosciamo, sotto l’aspetto delle aperture dei negozi e del ritmo di vita l’Italia in cui siamo cresciuti assomiglia molto alla Svizzera di oggi, dove le aperture domenicali sono rarissime, gli orari oltre le 18.30 sono venduti come occasioni speciali e dove non di rado c’è una lunga sosta per il pranzo (prima che se ne andasse, nostro padre tornava a casa per il pranzo, cosa che oggi facciamo fatica a credere sia avvenuta). Chi deve fare acquisti negli orari scoperti semplicemente non li fa e nemmeno può ricorrere ad Amazon che per una serie di motivi (quello fiscale in primis) in Svizzera non c’è, anche se esistono diversi e-commerce locali ma comunque non con la reattività a cui sono abituati i milanesi imbruttiti.

Oltre alle ideologie di liberisti o dirigisti alle vongole c’è ovviamente la vita. Nel 2024 è ancora una tragedia lavorare di domenica o nei festivi? Perché è chiaro che i mitici ‘turni’ dicono sempre male agli anelli deboli della catena, cioè chi lavora in un negozio ma non è direttamente cointeressato agli utili di quel negozio. La domenica, come tutti sanno (in particolare i mariti che invece di godersi in pace Lecce-Cagliari sono all’Ikea di Carugate), è il secondo giorno della settimana per fatturato nel commercio… Di sicuro è un argomento di grande presa popolare e non a caso cavalcato dagli alfieri del piccolo mondo antico, da Fratelli d’Italia ai 5 Stelle, da gran parte della Lega a gran parte del PD. Personalmente preferiamo, sotto l’aspetto dei negozi, l’Italia di oggi. I nostri problemi personali non sono mai dipesi dal lavoro domenicale, serale, estivo. Opinioni trasversali ma nemmeno tanto, perchè il dipendente nella media la penserà diversamente dalla partita IVA.

stefano@indiscreto.net

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