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Economia

Milei oltre la motosega

Stefano Olivari 17/12/2024

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Javier Milei è un bene o un male per l’Argentina? E nell’Italia in cui tanti pensano di cavarsela truffando lo Stato per l’eternità potrà mai esserci un Milei? Districandoci fra i pezzi di colore sulla motosega, sui cani, sullo spiritismo, eccetera, sono domande che ci siamo posti dopo avere visto il presidente argentino ad Atreju, elogiato da Giorgia Meloni ma non sappiamo quanto (poco, a occhio, perché a parole la libertà piace a tutti ma poi la libertà ha un costo) apprezzato dall’elettore medio di Fratelli d’Italia, per non dire di quelli di PD e 5 Stelle. Certo a noi Milei fa sognare, pur consapevoli che uno con la sua personalità possa vincere elezioni soltanto in un paese vicino al collasso, come era l’Argentina l’anno scorso e come non è l’Italia, pur con tutto il disfattismo possibile. In sintesi, come altre persone Milei ci piace perché non piace alla gente che non ci piace.

Veniamo subito al punto, da lettori di Milano Finanza sul bancone dei gelati (magari Grom invece che l’amato Sammontana, anche se nella realtà in casa nostra non manca mai il sorbetto bio dell’Esselunga) al bar dell’economia. In questo anno di Milei il grande risultato è stato la riduzione dell’inflazione: in Argentina si è passati da un tasso di inflazione mensile (MENSILE! Poi ci si chiede perché gli argentini investano in ristoranti di asado a Milano) del 25,5% a dicembre 2023 a circa il 2,7% a ottobre 2024. L’obbiettivo sarebbe avere nel 2025 un’inflazione annua del 20%, da Italia anni Settanta-Ottanta: al momento più che un obbiettivo è un sogno, anche se non più impossibile, diciamo come Giampaolo che salva il Lecce. La ricetta di Milei è nota: tagli alla spesa pubblica (di oltre il 30% in termini reali), svalutazione iniziale e poi minacciata del peso, flessibilità del lavoro, ricerca di un surplus primario (l’Argentina non lo aveva dal 2008), in generale qualsiasi misura che faccia percepire come diminuito il rischio paese.

In negativo la diminuzione dei consumi, fra il 15 e il 20%: in sostanza la gente spende meno o vive peggio, o tutte e due le cose. Di sicuro ci sono stati tagli in tutti i settori: del 52% all’istruzione, del del 28% alla sanità, eccetera. E soprattutto le persone sotto la soglia di povertà sono il 52,9%, più 11% rispetto a un anno fa. La vera domanda da fare al giornalista collettivo è comunque questa: come mai i tagli di Milei sono scandalosi e quelli del genere ‘Ce lo chiede l’Europa’, anche quando filosoficamente simili (da 11 anni viviamo nell’era del fiscal compact, per fare un esempio banale), sono invece il Verbo? Nostra opinione non richiesta: le ricette di Milei sarebbero perfette soltanto in un contesto dinamico, perché non è automatico che il flaccido statale licenziato si trasformi in cazzutissimo startupper, ma se sono l’alternativa alla bancarotta e/o alla perdita di sovranità ben vengano. Da un punto di vista ideologico ci piacerebbe vederle applicate anche in Italia, ma non è ancora necessario.

stefano@indiscreto.net

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