Nadal senza terba

25 Giugno 2013 di Stefano Olivari

La sorprendente sconfitta di Rafa Nadal contro Darcis, al primo turno di Wimbledon, ha ridato fiato alla corrente degli appassionati di tennis che sostiene che le superfici siano ancora molto diverse e che solo la grande classe dei Fab Four li faccia (quasi) sempre andare fino in fondo negli Slam a prescindere dalla superficie. Intorno al termine ‘terba’, per definire la superficie dello Wimbledon odierno, si accendono dibattiti da bar dello sport storico. E proprio uno di questi, tenutosi ieri sera con toni accesi in un ritrovo per intellettuali scomodi, ci ha ispirato queste righe. L’evidenza degli albi d’oro dice che è la terra del Roland Garros ad essere diversa (cioé molto più veloce, evitando discorsi sulle palle) da quella delle altre golden age. Non stiamo parlando di preistoria, perché la finale Gaudio-Coria è del 2004… Ma restringendo il discorso a Wimbledon una certezza assoluta c’è: l’erba è esattamente uguale, nel senso che è tagliata alla stessa altezza (8 millimetri), dal 1995. E dal 2001, anno della vittoria di Ivanisevic che ci fece pensare alla fine del tennis, anche il tipo di erba è sempre uguale: perennial ryegrass al 100%. La curiosità è che test effettuati su mandato del club stesso hanno certificato che la composizione precedente (dove la perennial ryegrass era al 70%) restituiva una velocità minore rispetto a quella attuale al passare dei giorni di torneo. In altre parole, Borg-McEnroe 1980 è stato giocato su ‘terba’ più di Nadal-Federer 2008, per citare le due più grandi finali viste in diretta. Parliamo di velocità, non di impatto visivo (prima del 1995 l’erba era più alta e anche quando schiacciata o rovinata dava meno l’impressione di un campo di patate rispetto a oggi). Poi ai tempi di Borg la differenza fra terra ed erba era molto più ampia, ma è un altro discorso e semmai un argomento a favore della grandezza di Borg. Conclusione? Il Nadal scarico visto a Londra può imputare i suoi problemi alla preparazione, al limite al ginocchio, per non parlare dell’assenza dai tornei su erba delle scorse settimane, ma anche al fatto che tuttora l’erba richieda una tecnica e movimenti diversi rispetto a quelli chiesti dalla terra, sia pure veloce, di Parigi. Lo stesso spagnolo, che Wimbledon l’ha comunque vinto due volte, ha spiegato che sull’erba uno con il suo gioco deve assumere una posizione più bassa e quindi l’adattamento è sempre difficile. Soprattutto nella prima settimana, quando l’erba è al massimo del suo splendore. Colpa sua che non si è preparato bene, o non ha potuto prepararsi bene, quindi. Ma non della terba, che serve solo a sostenere che una volta era tutto meglio.

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