Basket

Musica senza idee

Oscar Eleni 20/02/2012

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di Oscar Eleni
Il sistema di Pianigiani, gli schiaffi a Trinchieri, il basket di RCS e la Coppa Italia da cambiare. Pensieri per Geppi Cucciari, Bianchini, Viberti, De Stefano, Yelverton e Petrucci. Voti ad Andersen, Armani, Cremascoli, Melli, Gentile, Bonamico, Fucile, Maifredi, Meneghin, Facchini e Sahin.


 

Oscar Eleni dal lontanissimo Tibet per un massaggio con le campane fatte vibrare da un batacchio di legno, quello che avremmo dovuto usare sul nostro testone come fanno i pentiti veri, cercando nella solitudine vapore alle erbe, un bagno con latte e olio, insomma un eremo bello alto per non farsi più punzecchiare dai Costa che non amano navigare nello stesso mare dove noi, anche adesso che siamo decrepiti, tollerati a malapena nel cerchio magico della nuova scrittura col simpatico, cerchiamo la nostra felicità, i pesci palla che possono diventare amici più delle aragoste. Colpa nostra non riuscire a capire perché dovremmo giustificarci se amiamo le cose che sono state vita vera, sport appassionante, per andare dietro a questi Tigellino che battono le mani soltanto se a suonare la cetra sono i Nerone di casa o di pedivella, porgendo il lacrimatoio ai finti imperatori che non devono essere poi così bravi se quello che creano è quello che vediamo. Massaggio Mamam con sapone alle olive per non farsi trovare sotto la Mole Antonelliana con la faccia di quelli che per tre giorni, più vili di Pietro, più testardi dei muli della Pinerolo, andavano in giro a dire che Siena non era più quella che per cinque anni ha masticato le carni bianche, le ossa tenere delle sue avversarie. Poi è arrivata la finale e le rane dalla bocca larga, quelli che sanno regalare titoli ai giornali, si sono incartati, hanno preso lo schiaffone di traverso e noi, che avevamo negato di conoscere il sistema Pianigiani per fare grandi piatti anche con i bolliti, noi che pensavamo di vedere all’orizzonte della fortezza Bastiano i tartari per togliere dalla faccia di Tutankamen Minucci il sorriso di chi sa riconoscere amici ed ex amici, che deve rivedere qualcosa nel progetto magnifico, ci siamo nascosti nel museo del cinema guardando di nascosto l’ascensore che saliva sul tetto della Mole perché avevamo in mente tutto un altro spettacolo dalla finale di coppa Italia che dava le pagelle di metà stagione alle otto virtuose, lasciando in un angolo le altre a fare i conti tecnici e, purtroppo, anche quelli economici. Quando abbiamo visto Siena, la Mens Sana del principe lupaiolo schizzare verso l’alto, verso il tetto dell’Isozaki ci siamo accorti che per sfidare Alì, l’artista che danza, punge e fugge, ci vuole qualcosa di più della parola fluente, del piffero per incantare anche vecchi serpenti di città che hanno visto squadre dominanti come questa del Pianigiani che fa della paura di essere anche solo sfiorato da una critica il propellente per il razzo dei record. Serviva molto di più. Insomma siamo nelle acque dove Elisabetta ha fatto andare al manicomio i reali di Spagna e Brianza, bruciando le navi dell’Armada costruita radendo al suolo boschi millenari, mettendo in crisi bilanci che anche ai ricchi interessano se il fondo perduto si paga per le partite perse.
Allora caro Angelino Jolie che ci domandi perché non protestiamo se Cantù preferisce la confusione di Perkins al lavoro certosino di Cinciarini ti rispondiamo che la finale ha detto tutto: il centrocampo è la chiave di tutti i giochi dove si esalta una squadra. Certo che bisognerebbe avere fiducia su certe scelte, sappiamo bene che Melli e Gentile potrebbero diventare bravi se intorno non ci fosse soltanto la confusione di chi ha bisogno del preparatore mentale mentre gli altri, quelli che vincono da tanto, sono andati a rubare a Pesaro un nutrizionista che, come urlava Roy Hobs nel film Il Migliore, serve certo più di uno che ripete fino alla sfinimento la puttanata della sconfitta come malattia che contagia tutto il gruppo. Ma bisogna anche capirli i Trinchieri che non si accontentano di essere stati scelti per due stagioni come allenatori dell’anno in serie A, perché vogliono molto di più: essere simpatici ai giornalisti creduloni che sfogliano le statistiche come rosari. Vogliono poter dire l’ultima parola su tutto in società che funzionano proprio perché ognuno fa il mestiere per cui è stato assunto. Capita di prendere schiaffi di traverso, agli alchimisti che immergono la ragione nell’acqua calda nello stesso monento in cui si rifugiano sulla giornata magica di un avversario che non sbagliava un colpo. Pensate che sia facile farlo quando si deve farlo o generali margarina? Certo che quando tutto entra nella canestra, come diceva il compianto Cacco Benvenuti, un grande allenatore che ci ha dato giocatori stupendi perché la scuola livornese ha prodotto il meglio e di Villetti o Vatteroni ci ricordiamo benissimo, come di tutti gli altri, le cose sembrano più semplici anche a quelli che nelle sconfitte si consolano vedendo cose che soltanto loro hanno intravisto mentre la “ famiglia” ulula e si dispera.
Pensieri sparsi sulla coppa Italia, sulle giornate dove gli spasmi colitici non prendono soltanto il povero Pea costretto a fuggire verso la città più brutta cresciuta di fianco alla più bella del mondo come direbbero i cinesi rifacendo Venezia sul fiume giallo.
Quelli della RCS ner hanno le palle piene del basket pomposo che quando deve discutere su un marketing insesistente raduna al massimo 7 dirigenti di società frollate. Il lungo percorso dalle cancellate dell’Isozaki al palazzo vero era un deserto senza vita. Nessuna idea per far capire che intorno c’era davvero poco ad una finale nella città che ama il basket come noi il brodo bollente se negli anni ha negato qualsiasi aiuto, se non esistono progetti di serie A in una capitale meravigliosa della cultura, dove tutto è fermento meno lo sport considerando che persino la pallavolo è stata costretta a rinnegare la sua origine. Metti dei burocrati a dirigere, obbedendo agli ordini di chi vuole sempre l’inchino, e ti trovi in questa palude. Grande RCS a mantenere in piedi il gioco con una squadra eccezionale sul campo, una squadra di veri credenti paragonata ai loro capi inamidati così avari da non mettere sul tavolo neppure una penna, un ricordo.
Bravi quelli di Tuttosport e Stampa a tenere in piedi la fiesta immobile, ma poi le cifre li hanno costretti ad ammettere che anche 7000 alla finale non potevano bastare a coprire il patibolo dove manderemmo tutti quelli che sono convinti di dare allegria urlando, di dare felicità sparando musica che impedisce un discorso, una chiaccherata come succedeva nei giorni in cui anche i poveri potevano dare suggerimenti ai presunti ricchi. Giusta l’idea di sbaraccare con le finali ad otto squadre. Basterebbero due o tre giorni, finali a quattro e nel posto giusto. Si usi la coppa Italia per riempire il precampionato rimasto senza tornei, senza passione di bosco e riviera.
Avevamo ragione a chiedere un volo finale di Geppy Cucciari nel basket che ama dopo il successo a Sanremo, ma non ci hanno ascoltato. Grande Bianchini nell’affondo contro i giovani turchi che non osano, non si ribellano per paura di fare figuracce che poi nasconderebbero le loro vere intuizioni di super bamboli con lagnava luminosa. Grande Viberti per l’intervista alla pazienza di Giorgio Armani. Grande Marmugi per il ricordo di Benvenuti. Grande De Stefano festeggiato dal gruppo Tavarozzi, l’uomo dei pinoli confettati, allo Sporting che un tempo era regno per viandanti nello sport torinese quando alla Fiat pensavano che non do
vesse esistere soltanto il calcio, quando Nebiolo inventava l’atletica spettacolo sostenenendo, però, anche la cultura tecnica delle società, quando la pallavolo era maestra di vita per generazioni, quando il Toro era davvero il Toro e faceva paura alla Juventus. Meraviglioso il Charlie Yelverton che ha soltanto sfiorato l’Isozaki per andare a fare lezione ai giovani allenatori di provincia. Ecco, per animare una festa voi soloni legaioli non pensate che sarebbe interessante portare in tribuna d’onore, non sugli strapuntini, tutti quelli che hanno fatto la vera storia di uno sport? Costa molto? Meno di certe presenze inutili. Siamo stanchi dell’elemosina di palline che fanno impazzire i bambini: dovevate regalarle a tutti. Siamo stanchi di vedere trascurato il secondo anello di qualsiasi sport, stadio o palazzo. Inventatevi il quinto tempo. Sbalorditi dal furore di Gianni Petrucci verso calcio e basket, verso il mondo degli zombi che scuotono la testa da dove non esce neppure una idea. Bello vedere più lui al campo del presidente federale che non può dare ascolto ai suoi satrapi soltanto nel sottoscala. Perché un Petrucci al basket? Eh, cari amici, indovinate un po’, anche se la scusa ufficiale è il tifo senza limiti per la Scavolini dei figli del presidente uscente di un Comitato Olimpico massacrato dalla crisi, da un nuovo governo che ora ci prepara la mazzata delle tasse, invece dello sgravio fiscale, per le sponsorizzazioni sportive. Per conoscenza: se il Gianni furioso torna a scuotere l’albero del basket noi saremo con lui.
Voti con polvere dorata.
10 A Davidino ANDERSEN perché quando si presentò a Siena con il suo cane per far capire che quella sarebbe stata l’ultima tappa nella vita dorata di campione randagio ci eravamo messi a ridere. Milano e Cantù hanno scoperto che il riso abbonda sulla bocca degli stupidi.
10 bis Al Giorgio ARMANI impassibile davanti alle decisioni degli arbitri nella semifinale con Siena. All’ingegner CREMASCOLI che riusciva a tenere dentro la grande delusione arrossendo di rabbia, ma senza aprire bocca. Stile.
9 A Simone PIANIGIANI perché ancora prima di sapere come finirà questa stagione dove può fare scorta di miele per una vita possiamo testimoniare che ha fatto un capolavoro senza bronzi di Riace, senza marmi sopraffini, facendo diventare squadra quella che sembrava nata per esserlo meno. Omaggio a lui e alla sua quadriglia tecnica cominciando dal Banchi di sopra. Omaggio alla squadra che accompagna mediaticamente Siena aiutando tutti, non escludendo nessuno.
8 A MELLI e GENTILE che ci hanno detto molto di più di quello che aspettavamo perché in certe situazioni è difficile mettere il becco fuori dalla cesta.
7 Al Marco BONAMICO presidente di una Lega due in estinzione che non si arrende e ci fa pensare che forse sarebbe il caso di promuoverlo già sul campo.
6 A Manfredo FUCILE, anima campana, e all’ex presidente MAIFREDI, perché dove ci sono loro almeno vedi fermento, senti parlare di basket. Peccato non aver visto anche Mattioli a cui dovremmo chiedere scusa per averlo criticato senza valutare bene i dirigenti che ci sono adesso.
5 Alla LEGA che dovrebbe ben sapere cosa accade quando si parla di La7 digitale. A Moncalieri non si vedeva.
4 Alla MUSICA che dovrebbe farci armonizzare con lo spettacolo sportivo perché ci uccide, ci costringe a mettere le odiose cuffie che adesso fanno diventare ridicoli questi campioni dello sport alla ricerca della concentrazione dentro se stessi, mai sfiorati dall’idea che sarebbe interessante anche sentire la voce, la tensione dello spogliatoio, del compagno.
3 Al MENEGHIN assente arrivato in città soltanto per sentire gli arbitri beccarsi, per animare una libreria con i suoi splendidi aneddoti e per rianimare la vendita del libro che ha scritto Vanetti.
2 Al PETRUCCI Ugolino che davanti alla disperata obiezione di chi considera autocanestro velenoso questo far uscire Meneghin dai ranghi federali ci ha risposto che in un anno un altro personaggio si trova. Della stessa dimensione internazionale? Solo Recalcati lo può avvicinare, per gli altri viaggio nel nulla.
1 A FACCHINI e SAHIN due degli arbitri che stimiamo di più perché hanno voluto lasciare un’impronta troppo evidente sulle semifinali.
0 Alla NOSTRA ILLUSIONE: pensiamo sempre che dove mangiamo noi fragole e panna si divertano anche gli altri che invece amano la carne e il pescado. Colpa dell’età e per questo chiediamo scusa a tutte le generazioni di giornalisti che ci vorrebbero a villa Arzilla.

Oscar Eleni, 20 febbraio 2012

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