Ciclismo

Mathieu Van der Poel, pressione da predestinato

Simone Basso 10/02/2015

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Eravamo stati facili profeti presentando la stagione del ciclocross, ma il Mondiale di Tabor è stato all’insegna di un cambio generazionale clamoroso. Se tra le fanciulle Pauline Ferrand Prevot era comunque annunciata, e in quanto a polivalenza è veramente l’erede della Vos, la prova maschile ha terremotato il vecchio status quo. L’età di chi è salito sul podio è eloquente: primo Mathieu Van der Poel (vent’anni appena compiuti), secondo Wout Van Aert (ventunenne il prossimo settembre), terzo Lars Van der Haar (il Matusalemme del trio, classe 1991..).

Van der Poel junior, figlio di Adri e nipote di Raymond (Poulidor), ha aggredito alla giugulare la corsa e gli avversari: à bloc, fin dal primo metro. Algemeen Dayblad, un quotidiano olandese, lo ha messo in prima pagina, con una grande foto: “Zo vader, zo zoon” il titolo (“Tale padre, tale figlio”), che riallaccia la sua storia a quella del babbo. Adri fu uno dei ras degli anni Ottanta, veltro da classica adatto non solo ai muri e al pavè, ma pure ai tracciati altimetricamente impegnativi. Lo ricordiamo beffare Sean Kelly in una tremenda Ronde (1986) o vincere un Mondiale di ciclocross a fine carriera (1996, trentaseienne) dopo aver rincorso, invano, il sogno della Parigi-Roubaix.

Il percorso del cognato di Poupou non è comunque paragonabile a quello del figlio, la cui precocità è quasi allarmante (o controproducente). Tre campionati iridati e sette nazionali, a vent’anni (!), sono un biglietto di visita esagerato. C’è qualcosa di speciale nell’osservarlo, un predestinato che fa un po’ Shiffrin della bici. Un anno fa, di questi tempi, durante le gare under 23 veniva cronometrato nei tratti più ostici dei circuiti e i parziali erano meglio di quelli di Sven Nys. Era lo stesso atleta che, a Firenze 2013, si prese la maglia arcobaleno staccando Bonnamour lungo Via Salviati. È ancora acerbo fisicamente (e ci mancherebbe…) ma il nonno leggenda, Raymond, è straconvinto delle sue doti da stradista. Lungagnone al pari di Adri, rispetto a Van der Poel senior pare più asciutto e quindi, in proiezione futura, spendibile per i grandi giri. Il motore fa spavento (ed è migliorabile), la mentalità è quella giusta: riuscirà a gestire le attese e la pressione? Per ogni Nibali che mantiene le promesse, ci sono almeno dieci Valentino China che le deludono: “Growing up in public”, per dirla con Lou Reed, è una faccenda assai complicata.

Simone Basso, in esclusiva per Indiscreto

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