Attualità

L’Italia del ponte di 17 giorni

Indiscreto 08/04/2025

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Il megaponte che si sta avvicinando, fra Pasqua, 25 aprile e primo maggio, rendendo felici alcune famiglie e terrorizzandone moltissime altre, ci serve l’assist per un grande classico, non soltanto di Indiscreto: i lavoratori della scuola non hanno voglia di fare un cazzo. È davvero così? I fatti, rapportati alla realtà milanese che è quella per cui abbiamo testimonianze giovanili di prima mano, ma sentiamo che anche nel resto d’Italia questa è la linea, dicono che quasi tutte le elementari (aka primarie) e le medie (aka secondarie di primo grado) saranno chiuse da venerdì 18 aprile compreso a domenica 27 aprile, con molte che riapriranno, con didattica a scartamento ridotto, lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30, per poi rimanere chiuse da giovedì 1 a domenica 4 maggio.

In altre parole, si può stare a casa 17 giorni di fila, in un periodo decisivo dell’anno scolastico, con tanti saluti ai genitori che lavorano (a meno che fra i genitori ci siano insegnanti o bidelli, chiudendo quindi il cerchio), costretti a entrare nel tunnel di nonni, babysitter, scambi di favori, eccetera. Il punto della questione non è secondo noi il ponte, pur essendo un’idea che in senso stretto riguarda una classe sociale molto precisa, ma il fatto di averlo istituzionalizzato. Perché ogni scuola pubblica ha in questo senso autonomia decisionale e le scuole del megaponte lo hanno scelto dopo un voto del consiglio di istituto, cioè un organo in cui nelle scuole più grandi i rappresentanti dei genitori sono in numero pari rispetto a quelli dei docenti (per la composizione totale lasciamo la parola ai competenti).

In altre parole, come al solito ci arriviamo faticosamente, questo megaponte al di là del fatto che si parta o si stia a casa è una tragedia per chi lavora e non ha aiuti familiari (o soldi illimitati), quindi se non ha creato discussioni né scandali è perché la stragrande maggioranza dei genitori italiani non ha poi questi grandi problemi nell’occuparsi dei figli a tempo pieno, o più realisticamente nello scaricarli ad altri (giusto contrappasso per la pensione retributiva), come avveniva ai nostri tempi in cui le babysitter le vedevamo soltanto nei film americani. In fondo l’ultima domanda: c’è davvero in Italia tutta questa gente che può permettersi di andare via 17 giorni? Non necessariamente in Engadina, anche in un merdaio di famiglia.

stefano@indiscreto.net

 

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