L’implacabile

18 Gennaio 2024 di Stefano Olivari

Come abbiamo scritto qualche giorno fa nel post sulla morte di David Soul, dopo tanti anni abbiamo di recente rivisto L’implacabile, più famoso con il titolo originale di The Running Man. Paul Michael Glaser, cioè Starsky, il regista, Arnold Schwarzenegger il protagonista di un film nato da un libro di Stephen King ma nonostante questo considerabile fra i peggiori con Schwarzenegger. Tra fantascienza e fantapolitica (rimandiamo a Wikipedia per la trama), ha il suo principale punto di forza nella curiosità per come nel 1987, anzi nel 1982 del libro, si pensasse al mondo nel 2017. Nella sostanza: un mondo in cui qualsiasi pensiero non mainstream viene censurato e la gente impiega il proprio tempo guardando trasmissioni televisive spazzatura, tifando per eroi finti in una competizione taroccata. È andata molto diversamente?

Per questo il vero protagonista di The Running Man non è secondo noi l’immenso Schwarzenegger, ma Richard Dawson che nella realtà era davvero il modello del bravo presentatore americano, pur essendo in realtà inglese, con tante trasmissioni di successo ed in particolare Family Feud. Ispiratore ed anche qualcosa di più di ben due programmi italiani, Family Feud. L’anniottantissimo Tuttinfamiglia, condotto prima da Claudio Lippi e poi da Lino Toffolo, che abbiamo visto qualche volta soltanto nella versione estiva (di solito andava in onda alle 11 e noi bene o male andavamo a scuola, tranne quando eravamo da Transex o alla Sormani a leggere le vecchie Gazzette) e che rimane nella nostra memoria soprattutto per una giovanissima Paola Perego.

Poi nel 1992 Tutti per uno, sempre su Canale 5 ma questa volta in prima serata, con la conduzione di Mike Bongiorno e la presenza notevole di Paola Barale. Trasmissioni in sostanza inguardabili, al netto della nostalgia per i migliori anni della nostra vita, ma rivolte ad un’Italia formato famiglia, del genere piccolo borghese, di consumatori entusiasti, insomma la nostra e soprattutto quella nella testa di Berlusconi, e non soltanto perché le squadre erano di solito formate da parenti. Ma erano trasmissioni senz’altro più pulite di quelle che le stesse reti pochi anni dopo avrebbero proposto, raccontando un’Italia di tamarri per tamarri. Il paese è spaccato in due, come direbbero a Repubblica dopo aver fatto la morale a chi ha smascherato una fake news che loro non hanno controllato.

stefano@indiscreto.net

Share this article