Economia

Licenziamenti Unicredit, prove tecniche di rivoluzione

Stefano Olivari 03/12/2019

article-post

Unicredit nei prossimi anni si libererà, in vari modi, di 5.500 lavoratori con 450 filiali chiuse da qui al 2023. Questo sarebbe il piano ‘Team 2023’, che sembra il nome di una barca di Coppa America e fa seguito ad un altro piano chiamato ‘Transfer 2019’ (qui siamo oltre il Megadirettore Naturale) ma in realtà è solo la solita vecchia ricetta: tagliare i costi del personale tagliando il personale.

Simpatico notare che l’ormai internazionale Unicredit abbia riservato all’Italia la parte più consistente dei tagli: 5.500, appunto, sugli 8.000 totali nel gruppo. Nel nostro recente post sulla fine del lavoro in banca non volevamo essere uccelli del malaugurio, vista anche la quantità di amici che in banca lavora, ma solo registrare una realtà che non è solo economica, come potrebbe essere in una visione del mondo alla Cairo, ma anche politica.

Per la prima volta nel dopoguerra decine di migliaia di persone della classe media italiana, di cui orgogliosamente facciamo parte (anche se i giornalisti in genere amano solo miliardari e pezzenti), persone normali, né geniali né stupide, si trovano ad avere seri problemi di sopravvivenza al netto di tutte le buonuscite e liquidazioni possibili.

Insomma, Team 2023 è per molti una fregatura ma del resto le banche devono rispondere anche ai propri azionisti. Quelli principali della banca che ha come amministratore delegato Jean Pierre Mustier (che davvero ha il phisique du rôle del dirigente di Fantozzi) sono fondi di investimento, privati o sovrani: Blackrock (USA), Dodge & Cox (anche loro americani), Aabar (Abu Dhabi), Norges Bank (la banca centrale della Norvegia), eccetera.

In altre parole quella che una volta con il nome di Credito Italiano era una delle tre BIN (Banche di Interesse Nazionale), non è più da anni, come minimo dalla fusione con la tedesca HVB, una banca italiana, e fatti i soliti discorsi sulla digitalizzazione rimane il fatto che negli ultimi 12 anni (la fusione con Capitalia, cioè la vecchia Banca di Roma più qualcosa d’altro, è del 2007) abbia lasciato a casa quasi 30.000 persone.

In questi giorni di bar della storia in cui i media vedono ovunque pericoli di fascismo, quando non direttamente di nazismo, troviamo incredibile che si sottovaluti la rabbia di una classe sociale che è il cuore delle democrazie liberali. Questo non significa che lo Stato debba assumere 5.500 ex bancari come forestali calabresi, ma che le vituperate banche sono funzionali al sistema produttivo e per un paese sono più strategiche dell’Alitalia della situazione. Senza un sistema bancario funzionante e in linea con gli interessi nazionali non esisterebbe nemmeno la Apple, figuriamoci il mobilificio di fronte a casa.

Domande finali per sardine. Un medio rappresentante della classe media di cinquanta anni, rimasto senza lavoro, sarà più sensibile a soluzioni sovraniste, al di là del fatto che funzionino, o alla sorte dei migranti? Secondo voi questo cinquantenne senza più un ruolo nella società cosa sta pensando sentendovi cantare ‘Bella Ciao?’ Vi rendete conto che state manifestando contro l’opposizione, come in Turchia? Chiudiamo ricordando che nessuna rivoluzione nella storia del mondo, a partire da quella d’Ottobre, è stata fatta dal proletariato.

Potrebbe interessarti anche

  • preview

    L’AI causa disoccupazione?

    L’intelligenza artificiale porta disoccupazione? La legge dei grandi numeri vuole che ogni tanto il nostro ‘Di qua o di là’ sia serio e quindi oggi proponiamo una domanda che comunque ci riguarda e che parte dalla notizia di Amazon che ha annunciato tagli a 14.000 posti di lavoro, con l’intenzione in prospettiva (ma nemmeno tanto) […]

  • preview

    Affitti brevi tassati al 26%

    Negli ultimi giorni si è parlato molto della proposta di Giorgetti di alzare dal 21 al 26% l’aliquota fiscale sugli affitti brevi, in sostanza gli appartamenti e le stanze che troviamo su Airbnb ma non solo su Airbnb. Idea che ha generato scazzi nel centrodestra, con Forza Italia contrarissima, e che divide gli italiani in […]

  • preview

    Chi ha vinto il Nobel 2025 per l’economia

    Abbiamo da poco letto che il Premio Nobel per l’Economia 2025 è stato assegnato a Joel Mokyr, Philippe Aghion e Peter Howitt e la nostra prima domanda da bar, al di là di chi siano (ma per quello basta Google, onestamente anche per noi avidi lettori della materia), è stata sulle motivazioni, che per quanto […]