Basket

L’età del Dream Team

Stefano Olivari 12/07/2012

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Il Dream Team 1992 avrebbe battuto la nazionale che Coach K guiderà a Londra, lo pensano tanti professionisti della nostalgia e lo ha ribadito uno dei migliori opinionisti della pallacanestro mondiale (un po’ per la naturale verve e molto perché non aspira ad allenare), cioè Charles Barkley. Non esattamente imparziale, visto che della squadra del 1992 lui era uno dei protagonisti veri e non una guest star a fine carriera come Magic o Bird. Il dibattito è stato acceso da una frase di Kobe Bryant, che sosteneva che la nazionale Usa di adesso (ma anche una qualsiasi squadra Nba di adesso, fra le righe) avrebbe travolto quei miti. Insomma, siamo in piena zona Supergol, la rivista diretta da Maurizio Mosca che allietò i nostri anni Ottanta con confronti storici oltre i confini della follia.

Più concretamente, la nazionale 2012 è stata da qualche giorno completata con le ultime tre scelte: Blake Griffin, James Harden e Andre Iguodala. Gli altri nove sono Paul, Westbrook, Deron Williams, Kobe Bryant, Anthony, Durant, LBJ, Love e Chandler. Dal punto di vista tecnico, visti anche gli ultimi esclusi (Gordon e Gay) è evidente che questa è una squadra in cui Mike D’Antoni ha speso bene come assistente la sua fama di esperto di Europa. Nessun centro su cui appoggiare il gioco, ma un grande difensore come Chandler e basta, complici anche le condizioni fisiche e il basket-mercato ormai totalizzante di Howard. Fra gli altri 11 solo Iguodala e Griffin, che sarà però fondamentale nei momenti di esaltazione da pick and roll, non hanno un grande raggio di tiro, gli altri nove possono sotterrare qualsiasi zona semplicemente passandosi il pallone, tirando da tre o schiacciando. Questa squadra è parente stretta di quella di Pechino 2008 (molto meno di quella del Mondiale 2010), che aveva peraltro lo stesso staff tecnico: non ci sono Howard e Bosh da onorare con palla dentro, non c’è Kidd che sapeva e voleva giocare per gli altri, come stella pur nella differenza morfologica e di ruolo KD fa più male a una squadra FIBA di quanta ne faccia Wade, ma il livello è quello.

Più del confronto fra Playstation (siamo i primi a giocare le sfide storiche) è interessante rispetto al 1992 quello tecnico. Vent’anni fa lunghi veri che al di là delle doti di tiro giocavano sotto (Ewing, Robinson, Malone, Laettner), creatori di gioco senza alcun interesse per le statistiche (Magic e Stockton), stelle che non tenevano la palla in mano 20 secondi (Jordan e Barkley) ad azione nonostante il limite FIBA all’epoca fosse di 30 (nella NBA già 24, invece), ali complete (Bird, anche se alla memoria, più Pippen), guardie tiratrici (Drexler e Mullin). La differenza che salta all’occhio è la scomparsa dei ruoli definiti nella pallacanestro di oggi, che ha un effetto positivo (i giocatori che spostano sono costretti ad essere più completi) e uno negativo (le stelle pretendono di gestire il pallone), con una ricaduta tattica che riguarda, anche se per altri motivi (primo fra tutti l’abuso di giochi a due), lo stesso basket europeo. In sostanza la vera pallacanestro di squadra si vede oggi in difesa, senza bisogno di scomodare l’intensità feroce degli ultimissimi Miami Heat, mentre l’attacco è un susseguirsi di invenzioni o di ‘letture’ che comunque fa il fenomeno della situazione (Triple Post Offense, chi era costei?). Per dirla in spazi da Twitter, meglio i giocatori di oggi e la pallacanestro di ieri.

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