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Le Mans ’66, il sogno è sempre la Ferrari

Stefano Olivari 19/11/2019

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Ci siamo accostati a Le Mans ’66 – La grande sfida con l’atteggiamento disponibile di chi al cinema chiede soltanto emozioni ed il film di James Mangold non ci ha deluso. Il protagonista è il famoso Carroll Shelby, pilota e poi costruttore, del quale abbiamo già parlato, che venne ingaggiato da Henry Ford II, nipote del fondatore, per riuscire in un’impresa apparentemente impossibile: vincere la 24 Ore di Le Mans battendo le Ferrari che in quell’epoca dominavano il mondo dell’endurance. A Le Mans per le Rosse di Maranello 7 vittorie su 8 fra il 1958 e il 1965, con differenti scuderie ma sempre con macchine Ferrari.

Coprotagonista con Shelby, interpretato da Matt Damon, è Ken Miles (un Christian Bale che ormai fa tutto), pilota britannico coraggioso non solo in pista (durante la Seconda Guerra Mondiale aveva preso parte al D-Day) ma spirito troppo libero rispetto alle logiche di squadra. Shelby però lo impone a Ford e soprattutto ai suoi invidiosi dirigenti, fra i quali l’unico illuminato è un giovane Lee Iacocca: proprio l’uomo che qualche anno dopo salverà la Chrysler, grande amico di Reagan.

L’idea di Iacocca è quella giusta: la Ford ha grandi numeri di produzione, ma non potrà mai imitare lo stile della Ferrari. Per questo all’inizio prova ad acquistare la Ferrari, che però il già ultrasessantenne Enzo preferisce dare alla Fiat (in poche scene c’è un Agnelli trashissimo). Allora non rimane che sfidarla nelle corse, per guadagnarsi sul campo l’entrata nei sogni dei consumatori-spettatori.

Non diciamo altro per non rovinare il gusto del film, due ore e mezzo di cinema da godersi al cinema, e andiamo direttamente al nostro dimenticabile giudizio. Saltando ogni segnalazione di incongruenze ed errori storici, che chi ha anche solo qualche modesta nozione di storia dell’automobilismo noterà subito. Non sappiamo cosa dire su Enzo Ferrari, un improbabile Remo Girone: anche quando non era stravecchio lui molto raramente andava alle corse, non escludiamo che potesse essere a Le Mans nel ’66 ma ci sembra strano.

L’ideologia del film è chiara: l’America, da Ford a Shelby, accetta qualsiasi sfida. Ma durante lo svolgersi questo coraggio sembra soltanto sudditanza psicologica nei confronti del mito Ferrari, alimentato prima di tutto dai suoi avversari e detrattori. Un grande classico del cinema americano gli italiani scuri (anche Scarfiotti, che certo non lo era) e gesticolanti, mentre meno comprensibile è la scelta per il pubblico italiano di doppiare meccanici modenesi in un simil-napoletano. Comunque spettacolari le scene di gara e anche quelle dei collaudi, di auto tutte diverse fra di loro e tutte bellissime. Onore alla Ford GT40 e anche alla Ferrari 330 P3, emozione quando nella stanza del bambino di Miles si intravvede il modellino della Lola T70. Film abbastanza maschile, ma accettabile anche per una donna.

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