Cinema

Italian Boys, la follia di deejay Abele

Stefano Olivari 08/03/2023

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Non tutti i i film di culto degli anni Ottanta li abbiamo visti al cinema ed Italian Boys è uno di questi pochi. Non ci ricordiamo il perché, probabilmente è rimasto nelle sale pochissimo. Certo grazie alla televisione abbiamo recuperato, ed oggi Italian Boys è uno dei dieci film italiani del decennio meraviglioso che salveremmo dal diluvio universale portandolo sulla nostra arca. L’unico film di Umberto Smaila come regista, girato nel 1982 e distribuito l’anno dopo, riesce ad ogni visione (l’ultima qualche notte fa su YouTube) a conquistarci con la sua assoluta follia e con il racconto grottesco degli albori delle radio private, allora definite ‘radio libere’.

Siamo in un periodo in cui i Gatti di Vicolo Miracoli sono di fatto divisi: Jerry Calà è uscito dal gruppo e Nini Salerno vuole fare cinema ‘serio’, così Smaila e Franco Oppini si inventano protagonisti di un film ambientato a Milano, dove il primo è il deejay di punta della scalcagnata Trip Radio, con il suo grido di battaglia ‘Liberate la scimmia!’ (su Indiscreto ne abbiamo già parlato)  ed il secondo della più ricca Radio Metropolis. E proprio Oppini, nel film deejay Abele, è il personaggio che ogni volta ci fa ribaltare dalle risate: schizzatissimo, scorrettissimo, arrogantissimo, sniffa cocaina in ogni situazione con ritmi che nemmeno Al Pacino in Scarface.

La storia è inconsistente, ma la mano di Smaila è di gran classe, mettendo bene insieme attori e non attori dalle storie personali molto diverse. Dai deejay veri e propri (a Trip Radio ci sono Mauro Micheloni e Max Venegoni) alla mitologica Rosa Fumetto, passando per la non meno mitologica Patrizia Pellegrino, Andrea Mingardi in versione deejay e maestro di vita, ed un clamoroso Ivan Grazianifuori di testa ai livelli di Oppini, che al contest finale (al Kiwi di Piumazzo, i competenti sanno cosa significasse) fa da giudice accarezzando un’aragosta finta.

E con i personaggi minori che compaiono in poche scene non la finiremmo più: Alba Parietti (ai tempi moglie di Oppini) al videocitofono, Jimmy il Fenomeno che irrompe in discoteca, Giorgio Medail (anche sceneggiatore del film, nella parte di un assurdo veggente incontrato in Galleria), Cesare Cadeo… Tutto è giocato sul nonsense, che poi era la cifra stilistica dei Gatti, senza volgarità, e sarebbe sbagliato catalogare questo film come trash. Perché non è l’imitazione sfigata di un modello alto, ma un’opera unica piena di momenti memorabili: la trattativa con il dottor Viganò, il gruppo della radio che esce dal cinema Pasquirolo dopo aver visto La Strada (Ma perché? In prima visione nel 1982?) con Patrizia Pellegrino che sfotte la Masina, il Lambrusco freddo bevuto da Smaila in ogni occasione, gli ascoltatori che lasciano le loro occupazioni a Milano per trovarsi dopo dieci minuti al Kiwi (un’ora e mezza andando veloci), la delicata corte di Smaila a Rosa Fumetto.

Italian Boys a 40 anni di distanza rimane un film geniale, che con una grande colonna sonora fotografa un’epoca praticamente in diretta. Anni Ottanta ancora prosecuzione dei Settanta, esteriormente grigi ma con un’atmosfera proto-berlusconiana che si respira un po’ ovunque (Medail a parte, tante le scene girate a Milano 2, senza contare le riprese di Canale 5…) e tanti sogni destinati a non morire all’alba. La scimmia era stata liberata e non sarebbe più tornata in gabbia.

stefano@indiscreto.net

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