Ciclismo

Il segreto di Coppi

Stefano Olivari 15/12/2009

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di Stefano Olivari
A quasi cinquanta anni dalla sua morte Fausto Coppi è in Italia un personaggio molto più famoso di un grande campione di oggi, anche prendendo in considerazione tutti gli sport.

A provarlo una quantità di libri geniali ed una ancora maggiore di opere cialtrone, copiate dalla biografia precedente: sommando i due gruppi ne avremo in casa almeno una ventina. Il prossimo acquisto (giudizio ovviamente sospeso) sarà il libro che Paolo Viberti, giornalista di Tuttosport, ha scritto attraverso il racconto di Marina, la figlia del Campionissimo: ”Coppi segreto”. Marina che del mito assoluto dell’Italia del dopoguerra ha ricordi ovviamente più nitidi del fratello (di madre diversa), essendo lei del 1947 ed Angelo Fausto (purtroppo più noto come Faustino) del 1955: entrambi comunque costretti da decenni ad alimentare l’industria della nostalgia, raccontando Coppi a persone che per età e frequentazione lo hanno conosciuto meglio di loro. Ma perché resiste il mito, al di là di vittorie lontane nel tempo (con lo stesso metro dovrebbe essere iper-celebrato anche Nedo Nadi) e di una storia umana unica? L’Italia in macerie risalita in bicicletta, nel 1945 dopo essere stato liberato da un campo di prigionia inglese (nonostante la fama, il Giro del 1940 ed il record dell’ora Coppi non si era imboscato: già per questo meriterebbe il mito), lo ha reso immortale più di mille Cuneo-Pinerolo. Per questo continua ad interessare ed emozionare, rivivendo attraverso il volto dei figli o del Bertoglio-Chioccioli di turno.

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