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Il Rigoletto di Nadine Sierra

Stefano Olivari 20/01/2016

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In pochi settori come in quello della musica lirica è necessario rivendicare il diritto alla superficialità, diversamente non si potrebbe godere di spettacoli fantastici come il Rigoletto a cui abbiamo assistito qualche giorno fa alla Scala. Discorso che vale anche per Broncos-Patriots, per l’acquario di Barcellona e per tutte le meraviglie di cui nemmeno sospettiamo l’esistenza. Così come non capiamo un cazzo quando il termoidraulico ci parla della pressione della caldaia o l’oncologo di forma anulare stenosante, ma abbiamo bisogno di acqua calda e di cure mediche, così è per Verdi: sappiamo a malapena leggere le note ma la sua produzione popolare (Trovatore e Traviata) ha sempre un fascino irresistibile, anche perché non sappiamo scinderla dal contesto storico in cui si è affermata (l’Italia ci è sempre stata simpatica), con gli austriaci che intravedevano in qualsiasi storia una metafora dell’indipendenza italiana. Rivendicata orgogliosamente anche dagli orchestrali della Scala, uno dei pochi teatri al mondo dove l’orario di inizio non è un’opinione: situazione che nel recente passato aveva creato polemiche con alcuni turisti per caso, bisognosi chissà perché del quarto d’ora di tolleranza. Mentre i nostri vicini di posto notavano stizziti la mano abilmente posizionata da Vittorio Grigolo (un bravo Duca di Mantova) per controllare l’intonazione, per gli esperti segnale di insicurezza (un numero che peraltro caratterizzava anche Pavarotti), noi abbiamo apprezzato l’insieme di una rappresentazione al novantanove per cento ortodossa, sotto la direzione di Nicola Luisotti, proprio per questo giudicata in maniera schifiltosa dai critici musicali. Che se la sono presa addirittura anche con i bis, che alla Scala dai tempi di Toscanini quasi non si possono nominare, bis invece concessi dai protagonisti alla fine del secondo atto. Di grande mestiere il baritono Leo Nucci, una vita per il Rigoletto con centinaia di performance, abbiamo trovato ignorantemente straordinaria la giovane Nadine Sierra nei panni di Gilda, dopo averla scoperta qualche settimana prima in un recital televisivo: una scoperta per noi, perché negli USA la soprano della Florida è quotatissima (l’abbiamo ovviamente saputo dopo, grazie a Google). Il pubblico reale, senza la spocchia da orticello di chi ha visto tutto o l’ignoranza di chi va alla Scala soltanto per le pubbliche relazioni, è per lei impazzito.

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