Attualità

Gli eredi di Colnago

Stefano Olivari 05/05/2020

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Ernesto Colnago ha venduto a un fondo di Abu Dhabi, Chimera Investments, la maggioranza delle azioni della sua gloriosa azienda di biciclette. Fondata nel 1954 e da lui portata, insieme alla moglie Vincenzina e al fratello Paolo (entrambi morti) ad essere un punto di riferimento del ciclismo mondiale: un marchio di culto ma al tempo stesso di massa, Colnago, per professionisti e amatori. Raro caso di artigianato con intelligenza e visione per farsi industria.

Una grande storia di imprenditoria lombarda, iniziata con Fiorenzo Magni, è quindi finita monetizzando e lasciando agli eredi, la figlia e i nipoti, peraltro quasi tutti impegnati nella Colnago, soldi invece di un’azienda. Non proprio un atto di fiducia nei loro confronti.

Scelta comunque legittima, per un uomo di 88 anni che in vita sua ha lavorato il triplo di un uomo normale, ma come italiani non ci si può chiedere di esultare né di credere a Colnago quando dice che ha strappato agli arabi la promessa che la produzione rimarrà a Cambiago. A dirla tutta, gran parte della produzione Colnago era da anni Made in Taiwan (poi magari l’assemblaggio era effettivamente in Italia), cosa del resto comune a tanti grandi marchi, anche se agli appassionati piace la favola della fabbrichetta.

In un momento in cui si parla soltanto del passato, è facile elencare i tanti campioni che hanno trionfato su bici Colnago: Beppe Saronni quello nel cuore di Colnago, senza dubbio, ma anche Merckx, Ballerini, Rominger, Olano, Museeuw, Freire, Bettini, Motta… Gioia e dolore nel ricordare che nel 1981 al Mondiale di Praga Saronni fu bruciato dalla Colnago Mexico di Freddy Maertens.

Al di là della storia, avrete già intuito cosa vogliamo dire: le stesse cose dette quando la Bianchi passò ad un gruppo svedese e la Pinarello ai francesi di LVMH. Se nemmeno un’azienda di successo mondiale come la Colnago, con produzione in gran parte già esternalizzata, vede buone prospettive nel rimanere indipendente e italiana significa che la situazione psicologica, prima ancora che economica, è molto grave.

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