Fermi allo sbarco sulla Luna

16 Settembre 2011 di Anna Laura

di Anna Laura
Ne dobbiamo fare una questione antropologica? Intendo tutte le menate sull’Occidente, sulla culla delle civiltà, sul ruolo storico dell’Europa nel modellamento culturale dei popoli? Io credo che questa questione sia essenziale per la sopravvivenza del mondo come lo conosciamo. Il predominio dell’uomo bianco, è di questo che si tratta.
Se sia ancora giustificato dalle sue peculiarità immaginative oppure se esse siano viste ormai con sospetto da altri ceppi razziali. La questione sembra a prima vista una di quelle questioni di lana caprina che servono per semplice esercizio di linguaggio ma non è cosi, anzi, è vero esattamente il contrario. Partiamo dalla constatazione che la struttura immaginativa dell’uomo bianco nella scienza ha prodotto l’attuale fisica e l’attuale tecnologia. Dal punto di vista economico ha prodotto l’attuale organizzazione finanziaria della società. Dal punto di vista religioso ha prodotto il culto di maggior diffusione, il modello didattico, il modello medico, eccetera. etc. Il predominio dell’uomo bianco è avvenuto tramite la filosofia, la fabbrica delle idee e come conseguenza di paradigmi mentali che avevano un algoritmo motivazionale a esprimere il meglio, se non l’ideale. Ora, se guardiamo lo stato attuale delle cose, scopriamo che l’uomo bianco immaginativo è in una fase di stasi. La stasi è iniziata dopo il famoso 11 luglio del 1969 e lo sbarco sulla Luna, vero o falso che sia stato. Erano anni in cui l’orizzonte dell’uomo bianco era l’infinito, anni in cui si parlava di amore (ma sempre come antagonista all’odio) di pace, di rifiuto della guerra, anni che segnarono musica e società. Ecco, da allora alcuni slogan come “tutto subito” hanno di fatto liberato una sorta di reazione da parte dell’algoritmo motivazionale del sistema. L’uomo bianco immaginativo ha sempre avuto bisogno di organizzarsi, di socializzare in maniera organizzata. Poichè l’lmmaginazione è una brutta bestia e poichè ogni cosa creata deve essere prima immaginata. La bestia deve essere domata, domestica. Troppa immaginazione non è tollerabile dall’algoritmo motivazionale, lo manda in tilt. Queste considerazioni furono fatte e le cose sono state percepite anche da altri uomini bianchi immaginativi che hanno posizioni dominanti, che intuendone il pericolo sono corsi ad indirizzare e incanalare questa onda. Bretton Woods ha cambiato il paradigma e l’algoritmo motivazionale: le idee non per l’ideale ma per far soldi in modo da realizzare l’ideale. Fantastica possibilità per l’uomo bianco immaginativo planetario. Anni Settanta di incubazione hanno generato il famoso invito di craxiana memoria “arricchitevi tutti” che ha avuto un clamoroso sfogo negli anni Ottanta. Inebriato dalle possibilità offerte dal motto craxiano, l’uomo bianco immaginativo ha prodotto quell’overloading immaginativo che ha grippato il famoso algoritmo e ciò ha incanalato le spinte emotive verso una inquietudine generale attizzata dall’invidia e dall’avidità. Negli anni della prima decade del nuovo secolo il grippaggio è giunto al punto di surriscaldare il nostro ego rendendolo prigioniero di sè stesso e quindi incapace di pensare per ideali rimanendo inchiodato alle emozioni scatenate dall’overloading dell’algoritmo. Invidia e avidità. Le conseguenze di queste emozioni ci portano e ci hanno portato alla cattiveria del “perchè io no e lui si?”, all’incapacità immaginativa che esuli dai paragoni e fino a che l’algoritmo rimarrà in questa condizione la supremazia dell’uomo bianco viene e verrà sempre più messa in discussione. Altri ceppi razziali assurgono ormai a modelli rappresentativi antagonisti. Il guaio è che quegli uomini bianchi immaginativi che ancora immaginano idealmente comprendono il fallimento della via intrapresa, ma sono pochi, pochissimi, sommersi in questo sovraccarico orgasmico del modello che ci obbliga a combattere l’uno contro l’altro per sogni che non ci ricordiamo ormai neanche più. E’ giusto che altri si propongano, noi abbiamo fallito e sopratutto non sappiamo più chi siamo. Abbiamo impostato una nuova fase antagonista con gli altri ceppi razziali, basata sull’invidia e sull’avidità, e poichè abbiamo dettato sempre i modelli e li altri li hanno sempre copiati, questo succede anche ora. Nascono cosi le nostre nuove paure, come la paura che gli altri siano più avidi e più invidiosi. Una guerra emozionale con cinesi e indiani e islamici perfino con gli alieni, per ora cinematograficamente ma domani chissà. Una guerra dove una volta avevamo le armi migliori, le filosofie migliori, gli ideali migliori. Ora di questo non c’è traccia.

Anna Laura

(16 settembre 2011)

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