Attualità

Eric Clapton sopravvalutato

Stefano Olivari 29/09/2021

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Qualche giorno fa eravamo in uno storico negozio di dischi di Milano, uno degli ultimi rimasti in vita, un po’ per dare un’occhiata agli ultimi arrivi per quanto riguarda i vinili di seconda mano e un po’ per il piacere ormai dimenticato di essere il giovane della situazione, rispetto al resto della clientela. Più o meno ciò che accade in edicola, anche se lì figurine, card e cose simili fanno ancora avvicinare qualche bambino.

Per farla breve, durante l’acquisto di Ancient Heart di Tanita Tikaram (a suo tempo, cioè il 1989, comprammo la cassetta), a 7 euro, e di Idea dei Bee Gees che avevamo solo in CD (è l’album delle celeberrime I’ve gotta get a message to you e I started a joke, per tacere degli altri diamanti) a 10, proprio mentre stavamo riflettendo sull’opportunità di ricomprare i primi due dischi degli Psychedelic Furs abbiamo orecchiato una interessante discussione su Eric Clapton.

I due signori che la stavano portando avanti avevano tutto per essere giornalisti, commentatori o lettori di Indiscreto: uomini, di mezza età, nostalgici di un passato grandioso, onniscienti, tifosi che non vogliono passare per tifosi, ma soprattutto pronti a mettere in dubbio con solide argomentazioni il valore di personaggi ritenuti grandi da parte del popolo bue. E parlando di musica che cosa c’è di più mainstream del ritenere Eric Clapton un grande chitarrista?

Per farla breve, i due anziani appassionati avevano opinioni diverse su molti chitarristi, soprattutto jazz (con la doverosa premessa “Il jazz è morto”), ma allargandosi ad altri generi concordavano al 100% su Clapton: adesso è finito e anche ai suoi tempi d’oro era un sopravvalutato, soprattutto come solista. Non avevano pietà nemmeno del Clapton dei Cream ed in generale gli si imputava di non avere inventato niente. Uno da riff, bravo ma come tanti altri. Basta con questa mano lenta. E forse non sapevano delle recenti parole di Clapton sul vaccino anti-Covid, che a suo dire lo ha quasi mandato all’altro mondo: chitarrista banale e anche negazionista, quindi.

Un episodio realmente accaduto, per proporre-imporre una nostra considerazione: il vituperato web dà una visibilità mondiale a considerazioni che fino a metà degli anni Novanta sarebbero state relegate in quel negozio o in un ristretto circolo di amici. Pareri a volte fondati, a volte no (Just one night è uno dei nostri dischi più ascoltati di sempre), ma comunque non filtrati da esperti o presunti tali, sacerdoti di un sapere spesso ignorante. In questi ultimi tempi, forse anche sulla spinta del pensiero unico politico-sanitario, ci sembra che il vento sia cambiato: ogni critica è considerata una campagna di odio e comunque inaccettabile, soprattutto da parte di personaggi che campano sull’ignoranza di chi li segue.

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