Elvis Presley, destinato a morire giovane

9 Febbraio 2023 di Stefano Olivari

Elvis Presley a Sanremo 2023: per avere uno share più alto ormai Amadeus deve entrare in questa zona. In fondo basta che Elvis sia vivo e che a 88 anni (soltanto 8 più di Al Bano che ieri sera ha entusiasmato tutti insieme a Gianni Morandi e Massimo Ranieri) abbia voglia di uscire dagli Stati Uniti: cosa che fece soltanto una volta, per il servizio militare in Germania con qualche puntata a Parigi e Monte Carlo. Ma al di là di queste facezie, a quante biografie di Elvis Presley siamo arrivati? Ce lo siamo chiesti dopo avere letto quella che potrebbe essere la quarantesima, di sicuro la settima in italiano: in inglese ne esistono in commercio circa 150, ma ne sono state scritte migliaia e molte con lui ancora in vita. Però Elvis – Storia dell’icona più amata di tutti i tempi si stacca dalle altre. Nel libro di Sally A. Hoedel, pubblicato in Italia da Newton Compton Editori, non c’è soltanto il ripasso della storia di Elvis, comunque interessante per chi di lui ha soltanto qualche informazione wikipedistica o basata sul bel film di Baz Luhrmann, ma un’analisi della sua salute sulla base di ricerche fatte dall’autrice sulle famiglie paterne e materne del più grande di tutti, oltre che su interviste dirette ai viventi del suo entourage.

Nel libro, titolo originale Destined to die young, la Hoedel parte dalla morte di Elvis a soli 42 anni, il 16 agosto 1977, e smonta la teoria della popstar distrutta dagli eccessi. Perché quasi ogni persona che lo ha conosciuto bene spiega che Elvis non beveva né si drogava, e detestava chi lo faceva. Era però totalmente dipendente dai farmaci, e dire dipendente è riduttivo perché la sua quantità di malattie ereditarie ed acquisite gli imponeva di far lavorare per lui medici (su tutti il dottor Nichopoulos) e infermieri a tempo pieno, per la somministrazione di qualsiasi cosa. Ma non furono nemmeno i farmaci a causare la sua morte, bensì le malattie stesse che avevano e avrebbero portato ad una morte da quarantenni, o al massimo cinquantenni, gran parte dei suoi parenti. Su tutti la madre Gladys morta nel 1958 a 46 anni durante il periodo del servizio militare di Elvis, e l’unica figlia Lisa Marie, scomparsa il mese scorso a 55. Da notare che il libro è uscito nel 2021 e che Lisa Marie lo avrà certamente letto.

La tesi della documentata Hoedel, che ha intervistato medici (o loro discendenti, per evidenti motivi) e infermieri di Elvis, è che il King of Rock and Roll sarebbe morto in ogni caso intorno a quell’età. Anzi i farmaci pur usati all’eccesso gli diedero qualche anno supplementare visti i ritmi assurdi dei suoi concerti, dovuti alla quantità (un centinaio) di persone direttamente alle sue dipendenze, senza contare i regali che faceva a chiunque: nonostante fosse nato e cresciuto poverissimo, nell’America della Grande Depressione, con genitori amorevoli ma sempre al limite della soglia di sopravvivenza, Elvis i soldi amava spenderli per far stare bene tutti e non era in ogni caso un grande negoziatore-amministratore, vista la percentuale (50%, con spese a carico dell’artista) dei suoi guadagni che lasciava al Colonnello Parker.

Elvis si portava dietro dall’infanzia malattie e disturbi di ogni tipo: costipazione, diabete, glaucoma, problemi al fegato e cardiaci, soltanto per citare ciò che rendeva la sua vita impossibile ogni giorno. Con la situazione avvitatasi su sé stessa dopo l’uso e l’abuso di farmaci: l’autopsia eseguita nel 1994 conforta la tesi della Hoedel, anche se (per come l’abbiamo interpretata noi) non esclude l’uso di droghe propriamente dette. Ma nonostante in certi punti questo sembri quasi un libro di medicina, non mancano pagine acute sulla psicologia di Elvis, nata da una dignitosa povertà, sulla vita a Graceland, a tutt’oggi il secondo edificio più visitato degli Stati Uniti dopo la Casa Bianca, ed anche su Elvis cantante: la sua versione di Las Vegas, magari non quella finale ma quella di inizio anni Settanta sì, era ‘vero Elvis’ quanto quella rock anni Cinquanta e molto più di quella cinematografica dei Sessanta.

L’Elvis di Sally Hoedel è quindi un libro interessantissimo per chi ha già letto molto sul tema, un po’ ostico per chi è ai primi passi nel pianeta di un artista che è stato messo nelle Hall of Fame di rock, country, gospel (il suo genere preferito come ascoltatore) e rockabilly. Ci sentiamo, senza originalità perché si tratta di opere celeberrime, di consigliare anche Last train to Memphis di Peter Guralnick per l’aspetto musicale, Elvis and me di Priscilla Presley per quello privato e The Colonel, di Alanna Nash, per il lato showbusiness. Fra i tanti memoir di gente che ha vissuto con Elvis, quello più ricco di informazioni è Me and a guy named Elvis, di Jerry Schilling. Un genere a sé stante è poi quello di ‘Elvis vivo’, qualche volta siamo caduti nella sua trappola. Ma effettivamente Elvis è vivo.

Momento nostalgia: dedicato a quel negozio di dischi di via Novara, a Milano, defunto da decenni, il cui proprietario ci consigliò la Sun Collection di Elvis, che noi prendemmo a scatola chiusa insieme al Computerwelt dei Kraftwerk per cui eravamo entrati lì. L’Elvis anni Cinquanta di That’s all right mama, You’re a heartbreaker e Mistery train. Non che al commerciante importasse della nostra cultura musicale, voleva solo liberarsi di un disco che in Italia era stato editato qualche anno prima dalla RCA, però fu lo stesso un grande consiglio.

stefano@indiscreto.net

 

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