Basket

Distanti dalla classe media

Stefano Olivari 21/10/2009

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di Stefano Olivari
1. Qualunque appassionato di basket ha visto decine di volte Shimon (chiamato Moni, come molti Shimon) Fanan, sempre seduto sulla panchina del Maccabi Tel Aviv per sedici anni di buona attività ma anche di gloria assoluta (le euroleghe 2004 e 2005, l’ingiustamente sottovalutata Suproleague 2001). Più di un team manager: amico e consigliere di molti giocatori, oltre che gestore dei loro investimenti. Secondo la stampa israeliana proprio un crack finanziario (con molti giocatori o ex giocatori semi-rovinati), unito alla depressione dopo avere lasciato la squadra l’anno scorso, lo ha portato due giorni fa al suicidio impiccandosi nel bagno. Ieri i funerali con migliaia di tifosi, ma non la squadra che è di rientro dalla burrascosa tournée americana: dopo lo show di Pini Gershon con i Knicks (espulso nel terzo quarto, per quasi dieci minuti l’allenatore si è rifiutato di lasciare il campo) la scorsa notte la squadra ha perso anche con i Clippers di Blake Griffin.
2. Fra l’altro il Maccabi non giocherà in questa settimana di Eurolega, avendo già esordito con l’Olimpia Lubiana. La prima italiana a scendere in campo è oggi la Montepaschi (18 e 30 a Zagabria con il Cibona, diretta su Sportitalia2), in un’edizione della competizione in cui il divario fra le corazzate e la classe media sembra aumentato. La squadra più completa ed equilibrata, l’unica fra le grandi a poter vincere con cattive percentuali da tre, è come al solito il Panathinaikos di Obradovic. Sulla carta di valore simile il morattiano (aggiorniamoci: pereziano) Olympiacos, con tre giocatori che hanno frequentato la NBA non da agitatori di asciugamani ma ai confini del quintetto base: allo strapagato Childress si sono infatti aggiunti Von Wafer (l’anno scorso ai Rockets) e Linas Kleiza (Nuggets). Un gradino sotto il Real di Messina e il Barcellona, un gradino e mezzo il CSKA Mosca e Siena che però finendo nel quarto giusto sarebbero di sicuro da Final Four. Il resto è formato da comprimari con realistiche ambizioni di superamento del girone iniziale (di questo gruppo fanno parte Milano e la più futuribile Roma) e mine vaganti la cui stagione può essere cambiata da un dettaglio o da un episodio. Di queste squadre la più intrigante è il Fenerbahce di Boscia Tanjevic, mix di esterni star (gli ultimi arrivati Greer, proprio l’ex napoletano, e Kinsey si sono aggiunti a Solomon e Giricek) e di giovani lunghi turchi con enormi prospettive come Semih Erden e Omer Asik.
3. Mentre scriviamo queste righe non c’è ancora l’ufficialità, ma sembra che la NBA possa iniziare la stagione regolare con i suoi arbitri veri e non con i loro sostituti. Sarebbe infatti stato trovato un accordo fra la lega e i rappresentanti dei fischietti, su questa base: stipendi 2009-2010 allo stesso livello del passato con lieve aumento la stagione successiva, ma soprattutto taglio con il machete delle spese di viaggio e di tutte quelle collaterali (diarie, rimborsi vari, eccetera). Il New York Times entra in dettagli anche sull’integrazione delle pensioni degli arbitri e su quella che secondo noi è (sarebbe) la vera vittoria di Stern: la possibilità di usare nei primi tre mesi di stagione regolare, fino a tre quarti delle designazioni totali, arbitri della D-League e della WNBA per fargli fare esperienze a livello più alto rispetto pre-season. In altre parole, l’obbiettivo è di facilitare il ricambio e ridurre il protagonismo di molti arbitri. Protagonismo sgradito ovviamente ai giocatori da vetrina: un passo in più e qualche Collina in meno, così i conti tornano.
stefano@indiscreto.it

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