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Basket

Diluvio dopo le tempeste

Stefano Olivari 22/09/2008

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1. E’ stata quella passata la settimana più traumatica forse della storia del basket italiano. Due club espulsi dal campionato a quindici giorni dall’inizio, dimissioni di metà consiglio federale, un presidente palesemente sfiduciato e su tutto – particolare molto più importante delle beghe politiche – una nazionale che ha toccato il minimo storico di rendimento. Non si è qualificata per la fase finale degli Europei, dovrà farlo attraverso il ripescaggio che mette in palio un posto tra sei squadre. Una di queste è la Francia. Ha gli stessi problemi nostri ma onestamente non riusciamo ad affrontare nessuno con tutta questa fiducia. In aggiunta le nazionali giovanili, con la parziale eccezione dell’Under 20 di Sacripanti che da tre anni fa molto bene o abbastanza bene, hanno solo fatto brutte figure negli ultimi anni. E neppure la femminile si è qualificata per gli Europei. Peggio di così non siamo mai stati.
2. Con un bilancio deficitario in termini sia organizzativi che tecnici, nulla al mondo giustifica la determinazione con la quale il presidente federale Maifredi sta tentando di restare al suo posto e addirittura di venire rieletto anche se le possibilità ormai sembrano ridotte. Il problema è non fare confusione: se Napoli tarocca i documenti per ottenere l’iscrizione al campionato, la colpa è di Napoli e del suo atteggiamento fraudolento, Maifredi non c’entra niente. Questo va detto perché in periodi di crisi si fa presto a trovare i capri espiatori accusandoli di tutto. Ora se il problema più grave del basket italiano è tecnico, ovvero la difficoltà a produrre giocatori, a fare reclutamento, a coltivare abbastanza talento da indurre i club ad utilizzarlo senza lamentarsene troppo, è giunto il momento di portare ai vertici federali qualcuno che venga dal campo. Carlo Recalcati che ha passione, amore, carisma e l’umiltà per studiare anche i settori del mestiere dove potrebbe non essere ferratissimo potrebbe davvero essere un candidato sponsorizzabile piuttosto che rivolgersi al politico di turno, al dirigente di provincia bravo a raccogliere voti e senza nome, senza credibilità, senza carisma. Recalcati parte della soluzione della crisi del basket italiano potrebbe essere un’idea meravigliosa, anche se come allenatore dopo il biennio magico 2003-2004 – per il quale andrà ringraziato in eterno – ha fallito. Dagli Europei del 2005 ai Mondiali del 2006 (qualificati solo grazie ad una wild-card), dagli Europei del 2007 alle qualificazioni europee del 2008 siamo andati sempre peggio e abbiamo fallito in modo inequivocabile. Nessun allenatore nella storia, probabilmente in ogni sport, è mai sopravvissuto a quattro fallimenti consecutivi. Questi sono i fatti. Il suo grido d’allarme nell’interesse del basket italiano è lodevole e da ascoltare, come sarebbe da ascoltare Pino Sacripanti quando giura che alle competizioni internazionali giovanili i nostri sono sempre i più piccoli e leggeri segno che sono allenati male o che il reclutamento alla base non funziona o tutte e due le cose. Da una parte c’è la crisi produttiva e dall’altra c’è il rendimento dei vecchi che non è sufficiente. Non ci piace questa eterna mancanza di autocritica. Maifredi che vuole sapere da Recalcati perché siamo andati male e Recalcati che diffonde comunicati per dire che è meglio rimanga lui. Come Maifredi non ha motivo di restare al vertice della federazione, Recalcati non ha motivo di restare l’allenatore della nazionale o quantomeno dovrebbe permettere – contratto a parte – di lasciare che siano altri liberamente a decidere se ormai tenerlo è il minore dei mali o se conviene svoltare subito. Può darsi sia più semplice confermarlo visto che oggi un’alternativa pregiata non c’è e che chiunque decida il nome del prossimo allenatore non potrà esimersi dal tentare in ogni modo di riportare in azzurro Ettore Messina. Le crisi estreme impongono correttivi estremi anche molto costosi, ingombranti. Tentare non è un diritto, è un dovere. L’altro nome è Sergio Scariolo. Sotto questi due non si dovrebbe scendere. Il part-time (ma Scariolo non potrebbe poi allenare in Spagna perché lì il part-time non è consentito) è uno strumento da usare per gestire il peso economico della scelta. Il terzo nome è quello di Simone Pianigiani, l’emergente, ma Siena non gli consentirà mai di dividersi tra club e nazionale come fece ai tempi proprio di Recalcati.
3, L’aspetto positivo dell’esclusione di Napoli e Capo d’Orlando è che la serie A si ridurrà a 16 squadre, numero accettabile. 18 squadre erano troppe. Il problema è che restano due retrocessioni e molte squadre sono in preda al panico. Prima si pensava che – penalizzazione o meno – Napoli sarebbe retrocessa. Fosse stata penalizzata anche Capo d’Orlando avrebbero brindato in tanti. Gli stessi che ora si sentono a rischio. Rieti, Ferrara, Udine, Biella, Caserta, Montegranaro, Teramo. Alcune di queste squadre non pensavano minimamente di correre un rischio retrocessione. Ora hanno tutte paura. A ben vedere è un altro assist per le rivendicazioni della Lega che vorrebbe avere il via libera per introdurre il famoso sistema delle wild card che consentirebbe a chi retrocede, sulla base di un ranking pluriennale, di salvare il posto. Ci aspetta un campionato tremendo.
4. E’ una fine ingloriosa per la gestione napoletana di Mario Maione. Passerà alla storia come il Marco Madrigali partenopeo. Madrigali è stato al tempo stesso il più grande presidente della storia della Virtus Bologna cui ha regalato un biennio magico e il Grande Slam, e il peggiore di tutti perché l’ha condotta anche all’esclusione dal campionato. Maione ha regalato alla Napoli dei canestri momenti entusiasmanti, semifinali scudetto, vittorie, la partecipazione all’Eurolega e una Coppa Italia, oltre a Lynn Greer. Ma è anche il presidente che l’ha portata virtualmente alla radiazione, anche se il termine è improprio. Non sappiamo in questo momento se provare più tristezza per l’uomo che ha cercato probabilmente di fare di più di quanto poteva, sbagliando, o rabbia per averci illusi e poi traditi.
5. La notizia più incredibile del precampionato è che Siena ha perso. Dopo un supplementare, di un punto, contro l’Efes Pilsen quotatissima di quest’anno ma ha perso. Da quando l’allenatore è Simone Pianigiani e il nucleo quello attuale, non aveva mai perso una partita di prestagione. Un dato che ha più significato di quanto si pensi. Pare ci sia stato anche un litigio tra Pianigiani e il coach turco Ergin Ataman, di cui fu assistente proprio a Siena. Un po’ di gossip, dunque. Le partite e il clima agonistico hanno il potere di far cadere alla maschera a certe relazioni che magari non sono così buone come si vuol far credere. Ma non è neppure importante. La notizia vera è che Siena ha perso. Lo diciamo perché dopo aver smantellato il CSKA Mosca al completo pensavamo fosse addirittura imbattibile.
6. Gli interessati hanno smentito che il CSKA Mosca stia lavorando per riportare a casa Andrei Kirilenko. Non sappiamo se ci siano i margini per una trattativa ma sappiamo che Kirilenko guadagna 15.1 milioni di dollari quest’anno, 16.4 l’anno prossimo e 18 quello dopo. In pratica può rimanere a Utah per quasi 50 milioni di dollari in tre anni. Anche per un nostalgico ci vorrebbe un bel coraggio per rinunciare a tanto. Non è un dettaglio, non si capisce come si possa dare credito ad una voce del genere senza menzionare il contratto del giocatore. Anche perché nella maggioranza dei casi, uno come Kirilenko rappresenta un patrimonio del suo club: può cederlo per avere un giocatore o due in cambio oppure può lasciare che vada a scadenza per liberare spazio sotto il salary cap e permettere al club stesso di andare pesantemente sul mercato successivo. Questo caso può essere diverso solo per un motivo: Utah non vuole entrare nel territorio minato della tassa di lusso e di tutti i suoi primi sei-sette giocatori, Kirilenko è quello cui tiene di meno, considerato rendimento, tenuta mentale e salario. Dovendo affrontare i rinnovi di Carlos Boozer, Memo Okur, Kyle Korver, Paul Millsap e Ronnie Brewe
r, a Salt Lake City – dove ai soldi stanno attenti – sanno che qualche sacrificio dovranno farlo. Se all’improvviso Kirilenko sparisse dal monte salari magari sarebbe un affare perché quei soldi li investirebbero su giocatori ritenuti più importanti. Ma il CSKA dovrebbe pagare anche il club. A noi sembra una bufala ma potremmo sbagliarci.

Claudio Limardi
claudio.limardi@gmail.com

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