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Attualità

Springsteen o Formula 1?

Stefano Olivari 19/05/2023

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Bruce Springsteen o il Gran Premio di Formula 1? L’alluvione che ha colpito parte dell’Emilia-Romagna e delle Marche, con tragedie umane, animali ed economiche enormi, ha scatenato le solite polemiche su cambiamento climatico, cementificazione, soldi pubblici non spesi, sinistra del fare contro sinistra delle anime belle, eccetera. Ma noi non cerchiamo voti e nemmeno click, voliamo più alto o più basso. Ed è per questo che ci ha colpito molto la discussione sull’opportunità di confermare il concerto di Bruce Springsteen ieri a Ferrara, in una località che non ha avuto grandi danni ma comunque vicina alle zone colpite.

Una situazione che in maniera molto forzata è stata contrapposta all’annullamento del Gran Premio di Imola da parte della Formula 1. Diciamo forzata perché l’autodromo ha davvero subito danni da questa situazione, forse in extremis si sarebbe potuto recuperare ma sarebbe stato in ogni caso assurdo farlo visto l’impegno di persone e mezzi, anche pubblici. Sia come sia, Springsteen è diventato il simbolo della vita che va avanti (anche troppo, non ha dedicato mezza parola agli alluvionati) e la Formula 1 di quella che si ferma di fronte alle tragedie (anche se è stato in parte anche marketing, non  si poteva portare il circo vicino a un disastro).

È un Di qua o di là filosofico, al di là della situazione specifica, un sondaggio da 50 e 50 visto che quasi tutti possiamo immedesimarci in entrambe le posizioni: il dolore o il rifiuto del dolore. Al posto della Formula 1 un esempio adatto sarebbe stata la Champions League che si fermò (con un giorno di ritardo) dopo l’11 settembre 2001. Personalmente, anche quando nel privato abbiamo avuto lutti e situazioni cattive, siamo più per il rifiuto del dolore: ottuso ottimismo, magari con una punta di menefreghismo, nel nostro caso anche negazione del dolore e del male.

Non ne parlo, quindi non esiste. Votiamo Springsteen e la sua messa cantata per i 50.000 di Ferrara: non ci saremmo andati, ma per la bolsezza del Boss e per l’antipatia che, da ex springsteniani, ci fa nascere quello springstenismo cazzuto da concerto di tre ore. Con la maturità di oggi non cambieremmo questo concerto con i tre minuti dei Collage che fanno Tu mi rubi l’anima da Carlo Conti.

Ricordiamo come fosse oggi, e sono passati 23 anni, quando dopo aver ricevuto la notizia della morte di nostro padre, con mille problemi per recuperarne il corpo e riportarlo in Italia (ed era in Islanda, quindi nella civiltà: fra tutti i permessi ci mettemmo quasi una settimana lì sul posto), terminammo lentamente un articolo di calciomercato per l’Ansa e poi registrammo una tappa del Tour (era quella del Ventoux, il giorno dopo, quella del duello Pantani-Armstrong). Senza le lacrime che avremmo versato dopo, a funerale avvenuto, e che versiamo ancora oggi pensando al tanto tempo che non abbiamo passato insieme. Insomma, ognuno reagisce al dolore proprio e altrui come è nelle sue corde e nella sua cultura. Springsteen o Formula 1?

stefano@indiscreto.net

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