Beau ha paura

2 Maggio 2023 di Paolo Morati

Beau ha paura

Le premesse non erano delle migliori. Sabato pomeriggio. Sette/otto persone in sala, tra le quali un signore parecchio anziano dall’aria solitaria e un adolescente nerd con in abbraccio un enorme secchiello pieno di popcorn maleodoranti. E ancora un altro single e un paio di coppie di amici, noi compresi, tutti casualmente riunitisi per andare a vedere Beau ha paura, il nuovo film di Ari Aster. Niente a che vedere con quanto stava avvenendo in una sala accanto, dove proiettavano Super Mario Bros, presa d’assalto da un gruppo di ragazzini chiassosi da cui il loro coetaneo di cui sopra sarebbe stato facilmente escluso.

Del resto oggi chi non sceglierebbe di andare a vedere il campione di incassi attuale piuttosto che un lunghissimo metraggio (tre ore di durata) che mette al centro il rapporto madre-figlio causa di (apparenti?) problemi mentali? Il tutto ambientato in un mondo violento, al limite dell’assurdo. Noi ad esempio, seppure invitati senza sapere nulla di ciò che ci avrebbe accolto. Anche perché il trailer visto ex post appare ben più rassicurante di quanto Aster ha effettivamente messo in scena.

Ma procediamo per gradi. La storia è quella di Beau, uomo di mezza età, in cura da uno psicoterapeuta. Niente di originale, insomma. Peccato che la città in cui vive sia incredibilmente violenta, rendendo reali le paure del protagonista, interpretato da un ottimo Joaquin Phoenix che ci porta fin dall’inizio a empatizzare con il suo alter ego cinematografico. Tre ore serrate, surreali, oniriche con più cambi di ambientazione, capitoli che sembrano risolversi per aprirne di nuovi, in bilico tra il dramma e l’assurdo. Tanto che alcune scene violente anziché angosciare arrivano a scatenare risate. In tutto questo si innesta il dramma delle paure di un uomo, i flashback che cercano di spiegarne l’origine e una magnifica lunga sequenza in scenari disegnati che dai toni calmi della narrazione porta poi la storia nuovamente nell’abisso.

Il nostro giudizio? Faticoso e finanche estenuante per la durata (l’anziano è uscito dopo due ore…), dannatamente eccessivo così come assurdo (fallo gigante chiuso in soffitta incluso) nella estrema immaginazione, con caratterizzazioni più che adeguate al contesto, Beau ha paura è un film che fa discutere per trovare la giusta chiave di lettura (Sogno o realtà? Incubo o desiderio?), intriso di simboli e personaggi (più che situazioni) inquietanti (compresi gli pseudo-rassicuranti Grace e Roger e il gioviale terapeuta) e con alla fine – per chi ha avuto la forza di resistere – il merito di aprire una riflessione sul tema della nascita, dell’esistenza e della morte, che sia quella fisica o quella mentale.

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