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Analisti di Candy Crush

Stefano Olivari 03/10/2013

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Eddie Irvine ci ha regalato a suo tempo i pochi momenti divertenti in settimane di insulsi articoli sulle prove Ferrari del 1996, con Schumacher appena arrivato dalla Benetton. Pezzi dimenticabili sulla F310 e sul suo musetto che nel corso della stagione avrebbe subìto diverse modifiche, scritti alla Birsa: solo a causa dell’assenza del titolare, meravigliandoci di come nessuno si accorgesse della nostra inadeguatezza. Irvine era e pensiamo sia ancora un vero uomo di mondo, pieno di interessi: per omertà postuma non citiamo il primo, diciamo solo che non era la Formula Uno. Ai piani alti di sicuro la compravendita di titoli azionari, che lo appassionava e gli permetteva di monetizzare i suoi contatti internazionali. La sua strategia era semplice: minimo 5% e massimo 10% del portafoglio su un singolo titolo (percentuale altissima e rischiosissima, per un normale gestore di fondi: ma Irvine diceva che bisognava ‘crederci’), dopo averne valutato i fondamentali di bilancio (quindi solo aziende di paesi civili, con basso rischio di taroccamento dei bilanci), visitato i punti vendita al dettaglio per osservarne il ‘movimento’ e chiesto a molte persone ‘normali’ se avrebbero mai usato in vita loro quel prodotto o quel servizio. Asseriva di non sbagliare un colpo, ma un po’ tutti gli investitori (e gli scommettitori) ci tengono a passare per vincenti, quindi non ci giureremmo. La strategia di Irvine ci è venuta in mente a proposito della quotazione in Borsa della King, ipotesi molto concreta riportata dal Wall Street Journal. Dire King, nel 2013, significa dire Candy Crush: uno dei due giochi (l’altro è Ruzzle) che monopolizzano l’attenzione di maschi e femmine da treno e da metropolitana, in attesa di andare a casa dove potranno giocarci con uno schermo più grande. Inutile spiegare di cosa si tratta ai fanatici, mentre i parenti dei fanatici quel ‘Delicious’ se lo sognano anche di notte. Per il resto del mondo sano, Candy Crush consiste in pratica in questo: ci si trova di fronte a uno schermo pieno di dolcetti e l’obbiettivo è metterli in fila per tre (se poi ci si riesce con quattro o addirittura cinque scattano bonus o vengono creati dolcetti speciali), in orizzontale o in verticale, in modo che spariscano facendo scendere quelli sopra e creando magari lo stesso effetto in altre parti dello schermo. C’è un numero di livelli enorme, quasi 500, e solo il completamento di un livello permette di passare a quello successivo. Con gli astuti della King che hanno creato un sistema misto: il gioco è in sostanza free, lo scaricamento della app si paga una tantum, ma possono essere richiesti pagamenti per i cosiddetti booster (acceleratori, in pratica elementi che facilitano il completamento di un quadro) o per accorciare il tempo (di solito qualche giorno) intercorrente fra il completamento di un ciclo e l’inizio del successivo. Questo è solo l’1% di Candy Crush, che ha oltre 45 milioni di utenti ed è droga anche di molte celebrità, prima fra tutte Serena Williams, che qualche mese fa ha avuto un simpatico scambio di tweet con la Errani proprio sulla materia: Serena era al livello 150 (un mostro, sarà anche migliorata) e l’italiana al 133. E quindi? Le banche consulenti della King, famosa anche per Pet Rescue, sono quelle solite, quindi l’IPO (offerta pubblica) è probabile si faccia. Irvine direbbe di comprare, osservando la concentrazione della gente sul treno. Ma a noi viene in mente la frase-manifesto dei Trettré.

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