23 giorni, il miracolo di Sofia Goggia

4 Gennaio 2023 di Stefano Olivari

Il giornalismo di solito esalta eventi sportivi normalissimi, figurarsi quelli eccezionali come il recupero di Sofia Goggia prima delle Olimpiadi di Pechino. La fuoriclasse bergamasca è la protagonista di 23 Giorni – Il miracolo di Sofia Goggia, il documentario che Sky ha mandato in onda in ogni angolo di palinsesto in questi giorni natalizi. È il racconto del periodo dall’infortunio nel Super-G di Cortina all’argento in discesa ai Giochi, inframmezzato da interviste alla stessa Goggia, a suoi amici e collaboratori, e soprattutto ai medici che l’hanno seguita, Herbert Schoenhuber e Andrea Panzeri.

Veniamo subito al punto: l’infortunio di Sofia Goggia è stato ingigantito? Domanda fatta sottovoce da diverse sue compagne e avversarie, e a voce più alta da Ninna Quario, ai suoi tempi campionessa anche lei ma ora soprattutto commentatrice e madre di Federica Brignone, certo non un’amica della Goggia. Sospetto anche di parte del pubblico, come dimostrato dal clamoroso risultato del sondaggio ‘Goggia o Brignone?‘.

I medici parlano di distorsione al ginocchio sinistro con lesione parziale del legamento crociato, piccola frattura del perone e sofferenza muscolo-tendinea. E dopo un iniziale pessimismo si convincono che a Pechino si possa andare ed anche con ambizioni: ad una Goggia che ancora non riesce a camminare Schoenhuber, che la conosce fin da quando era bambina, dice “Fra dieci giorni sei a sciare“. Insomma, grande recupero con grandissimi e dolorosi sacrifici della sciatrice, ma il miracolo rimane un’altra cosa.

Di Schoenhuber e Panzeri, rispettivamente ex ed attuale responsabile medico della federazione, ci è piaciuto molto l’atteggiamento, al tempo stesso empatico e concreto, insomma quello dei migliori medici. E della Goggia, nel documentario, colpisce non tanto la determinazione che fa parte del bagaglio di ogni campione, quanto la sua capacità di introspezione. Questa di solito mal si concilia con chi deve raggiungere un risultato e non può avere dubbi: tanti allenatori, scherzando ma non troppo, anzi teorizzano che gli atleti debbano essere stupidi o comunque privi di interessi. Se no come si può stare 8 ore al giorno a colpire una pallina o a tirare verso un canestro? La Goggia, pur piena di sé, non fa parte di questa categoria di ottusi e le domande se le è fatte e se le fa senza bisogno di essere su un letto di ospedale. Si rende conto che lo sci non è la risposta alle sue paure, ma avere una direzione forse sì.

In definitiva un documentario che si lascia guardare, anche per proporre alle bambine un modello migliore rispetto all’influencer labbruta e tatuata o alla giornalista scosciata che vuole essere giudicata per la sua professionalità. Certo non tutte le bambine che come la Goggia scrivono “Voglio diventare campionessa olimpica” poi lo diventano (bastasse questo, noi avremmo conquistato per 10 anni di fila il Grande Slam), in ogni caso volare (sognare) alto è meglio che volare basso. Guardando e ascoltando Sofia Goggia viene ovviamente in mente Lindsey Vonn: la forza è la nuova bellezza. Sarà anche per questo, per l’angolo del maschilismo, che le sciatrici ci piacciono tutte.

stefano@indiscreto.net

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