Mahmood primo in classifica, conquistati popolo ed élite

16 Febbraio 2019 di Stefano Olivari

Sanremo 2019 è finito meno di una settimana fa, ma sembra già passato un millennio. Chi si ricorda più delle polemiche sulle élite, ammesso che siano tali Severgnini e Bastianich, per non parlare della sala stampa del Festival, che avevano voluto dare uno schiaffo al popolo pro Ultimo e Il Volo incoronando Mahmood? Be’, questa mattina prima di correre e dopo avere scommesso sull’over dell’Adelaide-Western Sydney abbiamo aggiornato la Top Italy di Deezer, scoprendo che il trapper milanese è in testa alla classifica dello streaming. Che non è necessariamente un indicatore di qualità, perché premia i brani più immediati, ma lo è di sicuro di popolarità. Soldi è quindi prima, davanti a I tuoi particolari (Ultimo) e La ragazza con il cuore di latta (Irama). E i tre tenori, anzi due perché uno è un baritono? Trentottesimi, con la loro Musica che resta.

Interessante è che nei primi dieci della classifica, che riguarda cantanti di tutto il mondo ma riferiti al mercato italiano, ci siano ben 6 canzoni di Sanremo: il nostro pupillo Achille Lauro è ottavo, mentre la Bertè è quindicesima e una settimana ulteriore di ascolto ci ha fatto apprezzare tantissimo la Nonno Hollywood di Enrico Nigiotti (trentatreesima). Ma quasi tutte le canzoni scelte da Baglioni quest’anno stanno avendo un buon successo commerciale, diversamente da quanto avvenuto nel 2018. Insomma, Baglioni capisce i gusti del popolo e del resto chi lo ascoltava negli anni Settanta e Ottanta veniva deriso, preso nella migliore delle ipotesi come uno senza impegno, particolare da non dimenticare in anni in cui Baglioni è diventato quasi il leader della sinistra. E sinceramente, se fossimo nel PD, più di un pensiero ce lo faremmo… Non ha bisogno di soldi, si presenta bene, è conosciuto da ogni italiano, è sicuramente più di sinistra di tre quarti dei parlamentari del partito. Poi magari non sono di sinistra gli italiani, ma questo non sarebbe colpa (o merito) di Baglioni o di Zingaretti.

Tornando a Mahmood e facendo la tara ai comportamenti indotti dai passaggi radiofonici (è chiaro che una canzone come quella di Daniele Silvestri parta ad handicap) bisogna dire che il suo successo post-Sanremo, così come quello di tanti colleghi, non è un caso: scegliendo i cantanti ascoltati da chi nel 2019 paga per la musica (sia pure quasi niente, come per lo streaming) è chiaro che poi te li ritrovi in classifica più facilmente dei Ricchi e Poveri o di Toto Cutugno. Ma anche di Renga e Nek, che complice la modestia delle canzoni presentate non sono nemmeno nei primi cento. Dove vogliamo andare a parare? Nel caso di Sanremo 2019 bisogna ammettere che le élite hanno anticipato-confermato i gusti del popolo, posto che il popolo sia gente che alla una di notte spende 0,51 euro per votare, e che in generale una canzone valida sfonda a prescindere dagli aiuti.

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