Attualità

Vorreste vivere a a Milano?

Indiscreto 17/12/2018

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Milano è in testa ad una delle mille classifiche riguardanti la qualità della vita in Italia, questa letta sul Sole 24 Ore e basata su sei parametri: Ricchezza e consumi, Affari e lavoro, Ambiente e servizi, Demografia e società, Giustizia e sicurezza, Cultura e tempo libero. Al secondo posto Bolzano, al terzo Aosta, al ventunesimo Roma, al trentottesimo Torino, al novantaquattresimo Napoli e all’ultimo Vibo Valentia. Bisogna precisare che la classifica non riguarda soltanto le città capoluogo, ma le intere province. E quindi? La solita narrazione celoduristica, visto che la la maggior parte dei media nazionali (dal Sole 24 Ore a Indiscreto) gravita su Milano, che a partire dal dopo Expo ha toccato vette mai sfiorate neppure dalla Milano da bere craxiana?

Questa classifica esiste dal 1990 ed è basata su parametri oggettivi come depositi pro capite, Pil pro capite, canoni medi di locazione, spesa media in beni durevoli per famiglia, protesti pro capite, prezzi medi di vendita delle case, spesa pro capite in viaggi/turismo, imprese registrate, tasso di occupazione, tasso di disoccupazione giovanile, impieghi su depositi, quota di export sul Pil, start up innovative, gap retributivo di genere, rischio idrogeologico, speranza di vita media, laureati, tasso di natalità, saldo migratorio interno, tasso di mortalità, durata media dei processi, rapine, furti di autovetture, librerie, sale cinematografiche, permanenza media dei turisti nelle strutture ricettive e altro ancora. Tutte cose quantificabili, insomma. E che premiano Milano anche al di là della tendenza mondiale che spinge nella direzione delle città-stato, con tutto ciò che questo comporta in termini politici, economici, sociali e più individualmente umani.

A questo punto uno si aspetterebbe che Milano avesse 20 milioni di abitanti, o comunque più abitanti rispetto al recente passato. Le cose stanno proprio così: stando all’ISTAT nel 2017 le persone residenti fra capoluogo e provincia sono 3.234.658, contro le 2.938.556 del 2001 e le 3.182.313 del 2011. Insomma, rispetto a quasi vent’anni fa i residenti sono aumentati del 10%. Tutti manager, stilisti, calciatori, chef, analisti finanziari? Forse no. I saldi migratori, analizzati anno per anno, dicono che ultimamente arrivano nella provincia di Milano un numero di residenti italiani da altre province pari quasi al numero degli italiani che se ne vanno: nel 2017, ad esempio, sono arrivati 87.562 residenti italiani e ne sono partiti 81.894. Nello stesso anno sono arrivati nella provincia 25.554 persone dall’estero e ne sono partite verso l’estero 9.236. Semplificando un po’, possiamo dire che Milano e dintorni stanno diventano sempre meno italiani  e che nella media gli stranieri che arrivano non siano manager né stilisti: mettendo il naso fuori di casa possiamo testimoniarlo meglio dell’ISTAT. Un aspetto interessante della classifica del Sole 24 Ore è che per quanto riguarda il parametro Giustizia e sicurezza Milano sia al novantunesimo posto in Italia (ultima è Roma, terzultima Napoli), con dati anche sottostimati (nemmeno abbiamo denunciato il furto du due bici, il mese scorso: ci scaldiamo solo dalla coltellata in su). Insomma, una città che attrae sia i talenti sia i delinquenti.

Nella nostra modestia e senza alcuna pretesta di scientificità, perché i lettori di Indiscreto sono un target troppo alto, proponiamo un ‘Di qua o di là’ che non ha bisogno di troppe spiegazioni, rivolto sia a residenti sia a non residenti: voi vorreste vivere a Milano? Noi, che siamo come al solito di parte, sì. Ma non pensiamo affatto che negli ultimi anni Milano sia tanto migliorata, almeno secondo i parametri di uno che non sia di passaggio o che non sia un giornalista pagato per battere la grancassa. È diventata più squilibrata, in senso sociale ma anche di impatto visivo: una città di bar, ristoranti e negozi monomarca, una città di affittacamere con figli stagisti ma per fortuna anche il bilocale ereditato dalla nonna. La demenziale idea di riaprire i Navigli, come se i rifiuti (anche quelli umani) fossero gli stessi degli anni Trenta, si inquadra proprio in questa ideologia affaristico-turistica.

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