Auto
Toyota, Nissan e Kia, l’auto sempre più asiatica
Furio Fedele 20/05/2019
Toyota, Nissan, Kia, Tata, Mahindra, Great Wall, Daihatsu, Subaru: l’auto che viene dall’Asia piace sempre di più, non soltanto in Italia. Le auto con gli occhi a mandorla stanno avanzando in Europa e in particolar modo da noi, per motivi molto precisi e che vanno oltre i luoghi comuni, pur fondati, su risparmio e affidabilità.
In un mercato europeo caratterizzato dal dominio tedesco (il gruppo Audi-Volkswagen insieme a Daimler e Bmw ha una penetrazione complessiva che si avvicina al 40 per cento), giapponesi e sudcoreani, con cinesi e indiani ancora semplici comparse) viaggiano ormai in doppia cifra e guardano il futuro con ottimismo.
Doppia cifra superata di poco (10,6 per cento) soprattutto per merito della energica Toyota che da sola rappresenta il 4,5 dell’intero mercato. In Italia la regina dell’ibrido è presente con ben 3 modelli di punta (Yaris, C-HR e Aygo) nella Top 50 dei modelli più venduti nel primo quadrimestre del 2019. Toyota occupa la nona, la trentesima e la trentottesima posizione. La sua egemonia orientale nel nostro mercato è interrotta solo dalla Nissan (21esima) con il promozionatissimo Qashqai.
Sicuramente l’insidia orientale non è da sottovalutare da FCA (6,5 la quota di mercato europea di quello che nella nostra testa è sempre il Gruppo FIAT) anche se Panda, Ypsilon e 500 (stabili nella top ten tricolore) garantiscono il pane quotidiano. Ma il ritardo abbastanza consistente accusato da FCA nella corsa verso l’ibrido e l’elettrico (a vantaggio di diesel, metano e gpl, in chiaro declino) rischia di spingere il pericolo giallo sempre più su nelle classifiche di merito e di vendita.
Del resto giapponesi e coreani hanno puntato subito sull’obiettivo che sta più a cuore a tutti gli automobili: i consumi di carburante abbinati a una affidabilità ottimale e a costi di manutenzione sempre meno onerosi. L’ibrido Toyota ha fatto scuola, ma i progressi della casa giapponese sono tali che diventa difficile tenere il passo. A maggior ragione se si punta a ottimizzare sempre di più la velocità di crociera del motore elettrico (il C-HR se ben dosato garantisce anche medie da 80-90 chilometri orari) con risparmi di carburante da record e autonomie complessive che possono valicare comodamente i mille chilometri.
Ma pur così diversi e lontani dall’Occidente, i manager orientali hanno saputo valicare anche i confini del pragmatismo italianizzando le loro strategie. Ne è un esempio abbastanza evidente quello di Kia, che sta basando le sue campagne pubblicitarie su due volti notissimi. Se Alessandro del Piero rischia di essere un po’ troppo calcistico (quindi rivolto a un pubblico maschile) ecco che il volto e il fascino di Diletta Leotta (Miss Dazn) diventa accattivante ed efficace per convincere il gentil sesso italico che una Kia può essere l’auto giusta per tutte le esigenze. Non è un caso che Picanto e Sportage (il suv Kia completamente rivisto e corretto) si siano inseriti nella Top 50 italiana occupando posizioni da non sottovalutare (44 e 45). Un segnale forte che dimostra come la comunicazione sia spesso più importante nel pragmatismo.
L’invasione orientale non trascura anche reparti di importanza strategica. Le indiane Tata e Mahindra hanno importanti potenzialità nel settore dei trasporti e delle grandi costruzioni edili. La cinese Great Wall, che magari molti non hanno mai sentito nominare, è la più grande e importante casa automobilistica cinese. È anche vero che da quelle parti l’auto è da poco diventata un autentico status-symbol. Quindi per distinguersi bisogna puntare su tedeschi e italiani per quanto riguarda le sportivissime (Ferrari e Lambrorghini).
Ma non è da sottovalutare il fatto che, ad esempio, la Smart abbia chiuso i battenti della produzione in Europa per trasferirsi proprio in Cina. Il motivo? La prima economia mondiale sta facendo passi da gigante nella ricerca e nel perfezionamento delle batterie per uso automobilistico. Quindi ha intenzione di risolvere, in tempi brevissimi, l’unico vero problema della Smart: l’autonomia del suo motore elettrico che, in questo momento è limitata a 160 chilometri effettivi.
Nonostante la loro storia relativamente recente anche le Case automobilistiche orientali hanno le loro icone di pregio. La Daihatsu, ad esempio, è stata la prima industria giapponese (anno di nascita 1907). La Subaru ha la più alta incidenza nel rapporto veicoli costruiti, venduti e circolanti. Chi compra una Subaru, anche qui in Italia, la tiene e la mantiene anche ben oltre i limiti naturali dell’invecchiamento medio e del chilometraggio. Proprio perchè vanta una cifra di affidabilità decisamente alta, superiore anche alla media dei «big» europei.
Concludiamo con una considerazione che deriva anche dai post precedenti di questa fortunata (grazie a chi la legge, la settimana scorsa 65.223 persone certificate da Google Analytics) rubrica. L’uso dell’auto soltanto per necessità, tendenza economica ma anche culturale un po’ in tutta Europa, gioca a favore delle auto asiatiche. Un mezzo di trasporto valutato principalmente su parametri oggettivi è qualcosa di diverso da un’estensione di sé come era l’auto fino a qualche anno fa e come in certe zone è ancora.