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Supercoppa Italiana d’Arabia, Juventus e Milan senza donne sole

Indiscreto 03/01/2019

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Quanti pistolotti abbiamo letto negli ultimi anni sulle discriminazioni, sul razzismo e sui messaggi che dovrebbe lanciare il calcio? Bene, il prossimo 16 gennaio Juventus e Milan si giocheranno la Supercoppa Italiana in uno stadio con un settore proibito alle donne e un altro in cui le donne possono entrare soltanto accompagnate da mariti, genitori, fratelli, comunque uomini. I due ordini di posti vengono eufemisticamente definiti ‘singles’ e ‘families’, nella sezione inglese di sharek.sa, la piattaforma ufficiale per la vendita dei biglietti della partita di Gedda. Dove i singles sono appunto solo gli uomini, al di là del fatto che sarebbe stata grave anche l’esistenza di una sezione per sole donne: non si sta parlando di un bagno o di uno spogliatoio, ma di posti in uno stadio. Se il concetto non fosse chiaro in arabo e in inglese, potete consultare il sito della Lega di Serie A che senza vergogna toglie ogni dubbio ai tifosi italiani che volessero farsi un viaggio. Poi il presidente della Lega Micciché ha spiegato che invece le donne sole potranno entrare, secondo informazioni in suo possesso (tenute segrete fino a poco fa, evidentemente), ma il suo stesso sito e soprattutto il modo in cui sono stati venduti i biglietti raccontano un’altra storia.

Nessuno ha scoperto oggi che l’Arabia Saudita è un paese schifoso, finanziatore e base di terroristi (15 dirottatori sui 19 dell’11 settembre 2001 erano sauditi) che viene tollerato da Stati Uniti e stati-servi solo per motivi economici, un paese dove la vita pubblica e privata sarebbe inaccettabile anche per il più stupido degli occidentali (tipo uno che abbia una buona opinione del salafismo). Il punto è che questi paesi letteralmente comprano i simboli dell’Europa, dalle opere di Van Gogh alle squadre di calcio più seguite, evidentemente perché non possono proporre niente di interessante a un non arabo. E quindi questi simboli oltre a passare all’incasso (ma anche questo è relativo, come vedremo), dovrebbero pretendere di essere sé stessi anche nella versione da esportazione. Non è una tragedia nazionale che la Supercoppa Italiana si disputi all’estero, perché l’internazionalizzazione, i nuovi mercati. bla bla bla, ma lo è diventare strumento di pubbliche relazioni di uno stato totalitario che dell’Europa accetta soltanto qualche aspetto commerciale, con qualche ebete nostrano (speriamo prezzolato) che si esalta per centri commerciali, torri, alberghi, come se da noi mancassero.

Venendo agli aspetti commerciali, abbiamo letto sul sito della Lega di Serie A un post entusiasta per il tutto esaurito al Link Abdullah Sports City Stadium, come se lo stesso Juventus-Milan non avesse riempito lo stadio lo scorso 11 novembre a San Siro o non potesse riempirlo a metà gennaio in una città italiana scelta a caso. I 7 milioni, o quasi, sarebbero saltati fuori in modi più dignitosi che facendo pubbliche relazioni per gli arabi. Discorsi che vanno al di là della recente vicenda Kashoggi e della disputa di gare in paesi da evitare: una cosa è dovere per forza andare in un posto (sarà il caso del Mondiale in Qatar, così come lo fu per la finale di Davis nel Cile di Pinochet o per i Giochi di Pechino) perché quella è la nazione ospitante designata, un’altra è poter scegliere. Ovviamente non ci aspettiamo nessun gesto simbolico da parte di Juventus e Milan, così come non ce li saremmo aspettati da altri club: il calcio, con il suo presidente Infantino in testa, sta gozzovigliando a Dubai facendo passare queste vacanze pagate (definite pomposamente ‘Globe Soccer’) dagli emiri come i suoi Stati Generali. Però prima della partite della serie A ITALIANA non vorremmo più vedere bambini (soprattutto bambine) e calciatori con magliette buoniste o slogan tipo ‘Respect’.

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