Economia

Il suicidio delle tivù locali

Stefano Olivari 02/07/2014

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Telelombardia che annuncia il licenziamento di 54 dipendenti su 128, Telenova che dicono stia per ridimensionarsi e secondo alcuni addirittura per chiudere, quasi tutti gli altri (Sette Gold, eccetera) agonizzanti e alla ricerca di maghi e concessionarie che paghino almeno a 180 giorni. Anzi, proprio che paghino.

Ci mancano tanto le televisioni locali, ma non lo scriviamo adesso che stanno quasi tutte andando male per colpa del digitale terrestre (dicono loro) e dell’economia reale (dicono tutti) che mette in crisi mobilifici, supermercati, concessionarie e tutte quelle realtà medie che si devono fare pubblicità sul territorio.

Lo diciamo da almeno una quindicina di anni, cioè da quando i loro editori un po’ in tutta Italia hanno rinunciato a dirette, se non nei dibattiti da studio, per produzioni a basso costo e affitti di parte del palinsesto al migliore offerente. Una strategia autolesionista, da autoretrocessione dalla serie B alla serie D, già in atto quando il mercato pubblicitario funzionava bene e a maggior ragione negli ultimi tempi. Una fortuna per le radio, soprattutto a Roma. Così nell’Italia del 2014 l’informazione televisiva locale di fatto non esiste più, né quella generalista né quella sportiva che pure per decenni ha dato dei punti alle reti nazionali con giornalisti e opinionisti in grado di dire qualcosa di più interessante e coinvolgente rispetto ai tromboni istituzionali: per noi citare Franco Rossi è scontato, ma rende bene l’idea e non a caso Franco quando andò a Italia Uno fu in qualche modo ‘sedato’. Chi ha la sventura di seguire le trasmissioni sui Mondiali di Raisport può facilmente confrontare una trasmissione locale mediamente ‘ricca’ di qualche anno fa con gli sdottoramenti di Pino Wilson con camicia aperta e di Ubaldo Righetti in versione Malagò dei poveri. Dare la colpa alla pubblicità che non c’è più è semplice, è chiaro che con le tariffe stracciate di adesso i Roberto Carlino (“Non vendo sogni, ma solide realtà”) non fanno più spot locali ma direttamente su Mediaset. Insomma, nel caso delle televisioni non parliamo di un mezzo superato dal tempo come purtroppo è la carta stampata, ma di un vero e proprio suicidio che poi la congiuntura economica ha solo perfezionato. Non c’è ragione di ascoltare la disamina tattica del dentista o del carrozziere, ospiti non solo non pagati ma spesso paganti (ovvero, un nuovo modello di riduzione del costo del lavoro), quando possiamo sentire quella del nostro dentista e del nostro carrozziere.

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