Tennis
Sinner o Piatti?
Stefano Olivari 15/02/2022

Jannik Sinner ha rotto il suo legame con Riccardo Piatti, l’allenatore che forse non lo ha scoperto (gli era stato segnalato da Sartori, il coach di Seppi) ma che certo lo ha preso a 13 anni e lo ha portato nei primi 10 del mondo, a 20 anni, con ancora grandi margini di miglioramento.
La rottura è diventata quasi pubblica durante gli ottimi Australian Open di Sinner, chiusi nei quarti di finale contro Tsitsipas, fra gesti di insofferenza e strani discorsi su presunti supercoach: si è parlato tanto di McEnroe, forse il più vicino è stato Becker, mentre la realtà sembra essere Magnus Norman, lo svedese ex numero 2 del mondo e finalista al Roland Garros 2000, quando fu battuto da Kuerten. Come allenatore Norman ha collaborato con Soderling e Wawrinka, conosce quindi il tennis di alto livello non meno di Piatti. Ma tutti gli appassionati di tennis sanno di cosa stiamo parlando, inutile fare riassunti.
Veniamo al punto: perché dal punto di vista mediatico sta passando l’idea di un Sinner ingrato, che si è montato la testa e che comunque sta sbagliando a lasciare il coach con il quale ha lavorato così bene? Se fossimo nel calcio l’italiota parlerebbe di Sinner traditore… Con Piatti a rappresentare in un certo senso la ‘squadra’, che ti può cedere se tu non fai parte di un presunto progetto ma che tu non puoi lasciare di tua volontà. Si è scomodata anche una psicoanalisi da treno, che in uno sport cerebrale come il tennis trova sempre terreno fertile: il figlio che metaforicamente uccide il padre e cose del genere.
Eppure nessuno, nemmeno il più stupido di noi, a 20 anni aveva lo stesso carattere, le stesse frequentazioni e la stessa visione del mondo che a 13. Perché dovremmo pretendere che Sinner di 20 anni rimanga uguale al bambino Sinner? Senza contare che in questi anni Piatti non lo ha allenato gratuitamente e che un po’ in tutti gli sport l’allenatore bravo a portarti da 0 a 90 non è lo stesso del passaggio da 90 a 100. Sinner o Piatti?