Calcio

Quelli che fanno odiare Bielsa

Dominique Antognoni 25/10/2020

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Probabilmente l’Italia è l’unico paese in cui riescono a rendere antipatico un allenatore rispettato in tutto il mondo come Marcelo Bielsa, uno che anche quando i risultati non sono arrivati ha sempre lasciato un segno. Adesso ad ogni successo del Leeds, ad ogni prestazione e risultato positivi abbiamo come una sorta di strizza. Il motivo? Sappiamo quello che arriverà da lì a breve, fra televisione, giornali e siti. Sì, arrivano loro, ovvero gli storyteller e gli scrittori mancati (o meglio: i libri li scrivono, ma nessuno li compra) che riescono a farti odiare il calcio, quelli che riescono sempre e comunque a trasmetterti una terribile sensazione, quel misto fra prurito e disagio, con quella loro risatina sprezzante.

Sono quelli che il timido direttore di Indiscreto non può attaccare e ancor meno prendere per i fondelli perché il mondo è piccolo e in fin dei conti ha una famiglia ed è nato democristiano, anche se durante la Prima Repubblica votava repubblicano e socialista. D’altronde gli unici complimenti che i suddetti personaggi ricevono arrivano da chi un giorno spera di trovare un ingaggio, una collaborazione, un invito ad una trasmissione, un qualcosa. Tradotto, si mentono fra di loro, ma è gente che vive di questo e non prova alcun disagio, anzi, pensano sia tutto vero e meritato.

Bielsa è fatto a modo suo, lo si sa da vent’anni, niente di nuovo, è sempre lo stesso: chi segue il calcio non lo ha scoperto certo per merito di Rodrigo e Bamford. Eppure i mancati scrittori, i giornalisti che non hanno mai avuto una notizia, e che probabilmente disprezzano le notizie stesse, spuntano come i funghi dopo la pioggia appena il buon Marcelo dice “a”. Sono quelli che detestano il giornalismo fatto di scoop e di esclusive, di commenti scomodi, di critiche. Troppo cheap, troppo da sempliciotti cercare notizie, esporsi, sbatterle sui giornali. Naaaaaah. È roba da manovalanza. Loro abitano in un mondo parallelo, leggono (o meglio, dicono di leggere: chi può contraddirli?) poesie di autori cileni e romanzi argentini.

Loro filosofeggiano. Sono, poeti, teatranti, menestrelli. Per loro il calcio è dramma, è sofferenza, masturbazione intellettuale. Non ridete. Qualche anno fa ci fu una pittoresca trasmissione su Sky, una delle tante che la pay-tv a cui siamo abbonati (per le partite) spaccia per ‘approfondimento’. Una tristezza e una pesantezza uniche. Insomma, c’era uno di questi pipparoli cupi (sono tutti cupi) che stava leggendo in una stanza semi buia. Sullo sfondo, anzi in fondo, un musicante con il capello e lo sguardo verso il basso suonava la chitarra. E già ti cascavano i maroni. Pareva una parodia, purtroppo era tutto vero.

Avevamo i sudori freddi solo all’idea di una trasmissione del genere. Cercavamo di immaginare come avessero convinto la direzione, probabilmente insistendo oltre lo stalking, finché i capi si sono arresi per la disperazione. Perché funziona così. I masturbatori hanno tempo e hanno anche quel modo snervante di continuare a proporsi, tanto notizie non ne cercano. Si, avete capito: sono come la goccia cinese. Non portano nulla di nuovo rispetto a quello che sa un qualsiasi amante del calcio. Però non portano nemmeno grane: nessun club telefonerà mai al direttore per contestare una trasmissione su Puskas o Garrincha.

Dicono nulla però in maniera teatrale, amano sfoggiare una ricchezza di linguaggio che andrebbe bene in un circolo letterario dove si incontrano fra di loro. Guardi e vien da ridere, pensando alle poche decine di disgraziati che stanno seguendo una messa del genere. Tanto i soldi li porta la pubblicità, che loro detestano, oppure arrivano dagli abbonamenti, ovvero persone che vogliono solo guardare le partite (che loro detestano) e al massimo il dopo partita (che gli fa venire l’orticaria). Persone paganti che quando un allenatore ha fatto una cazzata non vogliono sentir dire che ha fatto una ‘locura’.

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