Basket

Quelli che ingaggiavano Bradley

Stefano Olivari 18/02/2010

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di Stefano Olivari

L’appassionato ha bisogno di identificarsi nelle sue squadre ma anche di sognare, pur essendo consapevole dei limiti finanziari del basket italiano. Il passato insegna che grandi operazioni di mercato si sono spesso trasformate in intuizioni tecniche e in amore sconfinato del pubblico.

Prendendo in considerazione solo Milano, i grandissimi acquisti del Borletti-Simmenthal sono così numerosi che si fa fatica a definirli ‘colpi’. Rubini (arrivato già nell’epoca della Triestina Milano), Stefanini, Romanutti, Pieri, Riminucci, Giomo, Vianello, Vittori. Ma il colpo dei colpi di Bogoncelli rimarrà per sempre Bill Bradley nel 1965: capitano della nazionale Usa oro olimpico l’anno prima a Tokyo, Rubini lo aggancia dopo un epico viaggio in auto Milano-Budapest dove Bradley è impegnato nelle Universiadi. Saputo che la sua priorità è il master ad Oxford, il Principe gli offre di fare l’americano di coppa. Due presenze al mese e nessun obbligo di allenarsi con la squadra. Un aiuto decisivo per la conquista della prima Coppa Campioni della pallacanestro italiana e per far parlare del Simmenthal nel mondo. In un’Italia paleo-televisiva, dove tutto arriva per sentito dire, l’arrivo della futura stella dei Knicks e futuro senatore ha l’eco mediatica del mito: superiore, in proporzione al contesto, a quella di un LeBron James che domani mattina cedesse alla corte di Proli. Ma negli anni Sessanta fanno epoca anche i colpi dei Milanaccio, sulla sponda All’Onestà. Memorabile l’ingaggio di Tony Gennari, da record l’acquisto di Enrico Bovone dalla Ignis: cinquanta milioni a Varese e al giocatore un quadriennale da 12 milioni a stagione. Pioggia di editoriali indignati, ma presto qualcuno farà meglio. Da prima pagina anche i 250 milioni di lire del 1977, che la Xerox paga alla Sinudyne Bologna per Gigi Serafini. I colpi a sensazione anni Ottanta sono ovviamente tutti targati Olimpia: senza discutere del valore tecnico dei giocatori, a livello di impatto mediatico vincono senza dubbio il Dino Meneghin 1981 da Varese, l’Antoine Carr del 1983 (fresco di ottava scelta assoluta al draft NBA) e soprattutto il Joe Barry Carroll 1984 (prima scelta assoluta nel 1980, arriva in mezzo ad una eccellente carriera NBA), mentre l’arrivo di Antonello Riva nel 1989 da Cantù può essere considerato l’ultima vera operazione stellare sul fronte italiano. Fa sensazione il trapianto Stefanel (Gentile, Fucka, Bodiroga, De Pol e Cantarello insieme a Tanjevic), ma al di là dello scudetto non emoziona più di tanto. Ancora più grandi sono stati i sogni (il più concreto quello di Kevin McHale nel 1980), che insieme alla realtà costituiscono la vita.
stefano@indiscreto.it
(Pubblicato su Superbasket)

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