Calcio
Oltre a Lippi c’è di più
Stefano Olivari 23/06/2009
Un punching ball per qualche decina di milioni di frustrati tenuti sotto scacco dalle mogli, per parafrasare il filosofo Morfeo (Mimmo). E per giornalisti che non possono criticare nemmeno per sbaglio la squadra del paesello, sfogandosi poi su quella che dovrebbe rappresentare ideali più alti. Questo da sempre è il c.t. della nazionale italiana, al di là delle critiche per situazioni del presente (arroganza, convocazioni sospette, scelte tattiche sbagliate). Nei vari interventi, anche su Indiscreto, sono stati giustamente ricordati i linciaggi di Bearzot, Valcareggi, Vicini, eccetera, tutti uomini oggi santificati: e quindi? Quindi Lippi è nell’immaginario collettivo di noi del bar assimilabile ad uno solo dei suoi predecessori, cioè Arrigo Sacchi. Tutti gli altri, a partire da Vittorio Pozzo e sorvolando sulle tante grottesche ‘commissioni’, erano tecnici di estrazione federale, uomini che venivano dal basso (Fabbri) o santoni in qualche modo ‘purificati’ dall’età e dal loro passaggio all’estero (Bayern Monaco) e in squadre fuori dal solito giro (Fiorentina). Non è quindi originale dire che molte critiche a Lippi siano anche figlie dell’importanza storica, in negativo, della Juventus di Lippi (e di Moggi) e che quindi a tutto vada fatta la tara. Questa premessa farraginosa ci serviva per una conclusione semplice, che potrà essere scontata per gli italiani che vivono all’estero ma che per altri non lo è: nemmeno il peggior commissario tecnico del mondo, dal punto di vista etico, rende sensato il tifare contro l’Italia da parte di un italiano.


